Successo per Adriana Lecouvreur al Teatro Filarmonico di Verona. Splende il comparto femminile con Hui He e Carmen Topciu a fianco di Fabio Armiliato. Ottima pure la regia, costumi e scenografie di Ivan Stefanutti.
Adriana Lecouvreur, di F. Cilea, si annovera tra le opere veriste del primissimo ‘900. Si distingue da altre opere famose del periodo di compositori come Mascagni o Giordano per la purezza della linea melodica, che in Cilea risulta più raffinata e più curata rispetto ai sopracitati.
E’ un’opera teatralmente viva, in quanto il personaggio principale, Adriana Lecouvreur appunto, è una donna realmente esistita nella storia, esattamente tra il 1692 ed il 1730. Un’attrice famosa all’epoca per aver interpretato opere di Cornelle , Racine e Voltaire.
Nella stesura musicale di Cilea su libretto di A. Colautti, tratto dalla “commedia-dramma” omonima di E. Scribe e E. Legouvé, l’artista rivive sulla scena, e viene rappresentata come donna tradita e vittima per gelosia.
Un mazzetto di violette è il mezzo che scatena la gelosia tra due donne, e lo stesso con cui Adriana verrà avvelenata dalla rivale, per un veleno cosparso su di esso.
Opera, questa, in cui il teatro vive in se stesso, un teatro nel teatro, dove ritroviamo anche la stessa Adriana attrice, che recita un brano dalla Fedra, per alludere al malcostume della sua rivale in amore (la principessa di Bouillon).
Nella messa in scena del Teatro Filarmonico di Verona, con la regia, scene e costumi di Ivan Stefanutti, l’opera prende vita, la musica accompagna il racconto e l’evolversi della storia, anche se traslata temporalmente all’inizio del XX secolo, in una narrazione perfettamente amalgamata ed arricchita da belle sonorità orchestrali, non stravolgendone la drammaturgia ma esaltando la personalità della protagonista: Adriana.
Di contorno, ma non da meno, le belle luci curate da Paolo Mazzon, che sono state, in questa messa in scena, fondamentali per rievocare quel cinema muto in bianco e nero d’inizio secolo, ma che ha preso vita sul palcoscenico senza merletti e parrucche tipiche del settecento in un ambiente Liberty di fin de siècle.
Entra in scena lei, Adriana Lecouvreur, “l’umile ancella del Genio Creator” che con la sua “favella” incanta i cor. E’ il soprano Hui He ad interpretare “l’ancella” sulla scena, con buona presenza scenica, riesce a far breccia sul pubblico con la sua interpretazione, ricca di sfumature, filati, mezze voci e, quando necessario, con grinta. Bene anche nel “monologo di Fedra”, in cui la recitazione è risultata molto efficace e ricercata.
Al suo fianco l’amato Maurizio di Sassonia, interpretato da Fabio Armiliato, che sale per la prima volta sul palcoscenico del Teatro Filarmonico impegnato in un titolo operistico. Ha portato sulla scena un ottimo “amato-amante”, destreggiandosi tra l’amore per Adriana e quello della principessa di Bouillon. Quest’ultima, interpretata da Carmen Topciu, con voce brunita e sicura, ammaliante e vendicativa al momento giusto, spicca nella sua “Acerba voluttà” per veemenza e controllo vocale. La sua voce è sicura nell’ardua partitura di Cilea, riscuotendo pieno successo.
Buona nel complesso anche l’interpretazione del Principe di Bouillon, affidato ad Alessandro Abis, mentre il Michonnet di Alberto Mastromarino è stato un po’ sottotono ed altalenante, in quanto molte parti più che cantate sono state “declamate”. Quando invece ha ri-timbrato il colore della sua voce, abbiamo ritrovato l’artista che tutti conoscevamo.
Bene anche il resto del cast che ha saputo muoversi sulla scena interagendo sempre con la buca: L’abate di Chazeuil – Roberto Covatta; Poisson – Klodian Kacani; Quinault – Massimiliano Catellani; Mad.lla Jouvenot – Cristin Arsenova; Mad.lla Dangeville – Lorrie Garcia e Michelangelo Brunnelli – Un maggiordomo.
Sapientemente cesellata dal Direttore d’Orchestra Massimiliano Stefanelli la partitura di Cilea: sotto la sua bacchetta l’Orchestra della Fondazione Arena di Verona ha suonato con piglio ed equilibrio sonoro, senza mai eccedere con volumi e tenendo i bei tempi staccati da Stefanelli.
Ottimo il Coro areniano, come sempre, guidato da Vito Lombardi, così come i movimenti mimici curati da Michele Cosentino.
Lunghi applausi ed ovazioni finali per i protagonisti ed orchestrali hanno così dato il via alle recite previste del quarto titolo operistico della Stagione 2018-2019 del Teatro Filarmonico di Verona.
Allestimento – Teatro Sociale di Como (As.Li.Co).
Prossime recite: il 2, 4 e 7 Aprile 2019.
Photo©ENNEVI – FONDAZIONE ARENA DI VERONA
La recensione si riferisce alla prima del 31 Marzo 2019.
Salvatore Margarone