LA DOPPIA INAUGURAZIONE DELL’ARENA CON UNA AIDA CHE DIVIDE
Recensione del 16 e 17 Giugno 2023
Arena di Verona ha aperto la sua centesima stagione con una doppia inaugurazione che, grazie ad una ben costruita strategia comunicativa,
ha riportato l’anfiteatro veronese al centro del dibattito culturale e ha permesso di mettere in risalto una programmazione
ricchissima di titoli e di celebri interpreti, che evidentemente punta al grandissimo pubblico.
La Fondazione ha organizzato per il 16 giugno la trasmissione in mondovisione di “Aida”, mentre il giorno successivo è stata organizzata una apertura riservata al pubblico tradizionale degli appassionati dell’anfiteatro veronese.
La prima mediatica ha previsto uno stuolo di vip, molti più famosi che realmente appassionati all’opera; tante le polemiche e un infelice volantino distribuito all’ingresso con un pressante invito ad applausi e standing ovation, indipendentemente dal valore dello spettacolo per un allestimento che mantiene la promessa di ‘una Aida come non avete mai visto’.
Francamente aver intervistato Lino Banfi, che annunciava la sua prima entrata in Arena ed Orietta Berti e non aver invitato né Maria Chiara, Aida areniana per eccellenza, né Bruna Baglioni né Giovanna Casolla, Amneris di adamantino valore, mi sembra grave: un’istituzione culturale non può celebrare la propria storia trascurando il suo passato.
Il clamore che l’evento ha suscitato ha acceso un dibattito amplissimo, addirittura internazionale, garantendo quella pubblicità cui evidentemente si puntava.
Che sia una propaganda positiva è tutto da vedere, ma certamente la curiosità della grande massa può essere uno stimolo per riempire l’anfiteatro veronese.
La trasmissione puntava su due elementi principali: la presenza di Anna Netrebko, continuamente citata durante la trasmissione televisiva come la Diva del belcanto, ed il pirotecnico allestimento firmato da Stefano Poda, autore di regia, scene, coreografie e luci.
Il soprano russo ha offerto una suggestiva interpretazione della schiava etiope. Primadonna di classe, si è mossa con movenze sensuali, esaltate da costumi sicuramente costruiti per mettere in risalto la sua figura.
Con un trucco personale, completamente diverso da quello della collega che le è subentrata il giorno dopo, la Netrebko ha pastellato il ruolo con abilità, grazie da un uso sapiente della voce, filati di grande impatto, note di elegante purezza. Magnetica l’esecuzione di ‘Cieli Azzurri’.
A fine spettacolo il soprano ha goduto del previsto trionfo, che immaginiamo si sarebbe concretizzato anche senza l’apporto delle istruzioni scritte.
Per quel che riguarda l’allestimento, ha diviso i pareri: amato e detestato, ha entusiasmato pochi ed indignato i melomani tradizionalisti, soprattutto quelli che hanno visto lo spettacolo da casa.
Sono tanti in questi anni, soprattutto a causa della pandemia, gli spettacoli strutturati in funzione della visione televisiva: esemplare il ‘Macbeth’ scaligero, nel quale la versione catodica aveva quasi fagocitato quella teatrale.
Poda in questo caso realizza un allestimento che viene esaltato dalla visione: la televisione appiattisce lo spettacolo, annulla l’esuberanza degli effetti luminosi, appiattisce il gioco delle sfumature e banalizza una creazione artistica che dal vivo rivela numerosi motivi di interesse.
Il regista trentino è internazionalmente noto per allestimenti di forte impatto, che prendono spunto dalla vicenda musicale per realizzare opere d’arte autonome, vere installazioni, ricche di simboli, citazioni raffinate, metafore.
Tutto questo può piacere o meno, ma certo non è né scontato, né banale. Ma dovremo porci la domanda se sia questo quello che il pubblico veramente si aspetta per un allestimento areniano.
Evidentemente era quello che si aspettava chi ha ingaggiato Poda, che ha confezionato uno spettacolo tessuto di metafore e citazioni, costruito sulle masse, sulle scene corali, su un racconto decontestualizzato ma ricco di spunti, giocato sulle geometrie, i riferimenti, le immagini evocative.
Manca invece un convincente lavoro sui personaggi, spesso abbandonati soli sul palcoscenico.
Difficile capire sia perché l’aspetto di Aida cambi di sera in sera, sia cogliere il significato di una Aida bianca e bionda.
Piacevolmente colorata la stanza di Amneris, ma ardito ed incomprensibile trasformarla in un laboratorio di mummificazione.
Oscuro perché Aida e Radames cantino il duetto finale stando lontani, senza neanche guardarsi.
Ci sono anche momenti di grande suggestione: la danza dei moretti è una dotta e raffinata rielaborazione delle danze tribali africane, molto più rigorosa di quanto possa sembrare di primo acchito.
La scena del trionfo racconta il disagio delle donne cui è negato di esprimere le proprie opinioni, attraverso la metafora delle ballerine vestite di catene, che imprigionano il racconto scritto sui loro corpi.
Una sfera a specchio, un po’ luna, un po’ metafora dell’amore dei due protagonisti, si solleva lentamente in due momenti della storia ad illuminare la scena, con grande suggestione poetica.
Struggente e commovente la conclusione di ‘Ritorna vincitor ‘ con Aida che si trasforma in una nuvola, imprigionata nelle maglie di un cielo che si fa plumbeo e la divora.
Le mani bianche e nere, che popolano il palcoscenico, in televisione erano risultate stucchevoli e fastidiose, mentre dal vero diventano simbolo efficace, intenso, drammatico, grazie agli effetti luminosi, realmente suggestivi.
Il Nilo è suggerito da un’imbarcazione, gigantesca scultura di corpi e luci, immagine astratta pur nella sua chiara fisicità.
Le citazioni sono tante, tantissime, forse anche troppe. Tanto per citarne qualcuna: le scarpe rosse antiviolenza; le incisioni di Blake; i dannati di Beato Angelico; i gruppi umani del Pontormo; i corpi che sembrano uscire dagli affreschi di Michelangelo; Picasso e Guernica.
Magnifici alcuni costumi: gli abiti con gli specchi sono il vero elemento scenografico dello spettacolo; i geroglifici sui vestiti degli egiziani moltiplicano l’occhio del potere con efficacia.
Ma anche qui non mancano gli scivoli: gli etiopi in calzamaglia color carne e perizoma nero sono francamente incomprensibili; le sacerdotesse in rosso colorano la scena, ma sembrano delle fotomodelle un po’ svestite scappate da una sfilata di moda.
Gli abiti per Aida riescono a rendere sensuale e credibile la Netrebko, ma pesante, goffa, perfino fuori parte Maria Josè Siri. Inaccettabile una simile differenza.
Le vesti di Radames gli tolgono ogni aitanza. Amneris non è né sensuale, né regale.
Insomma, un allestimento complesso che comunque merita di essere visto in teatro, che è destinato a dividere i pareri e che meriterebbe qualche aggiustamento, a parere di chi scrive.
Certamente la carica narrativa e simbolica dell’impianto fisso, che di fatto è composto da cinque grandi dita, rende complessa la gestione dello spazio scenico areniano.
Si è visto in apertura della serata, quando sul palcoscenico è salita la Banda Musicale dell’Aereonautica, chiamata per celebrare il suo secolo di esistenza.
Si tratta di un gruppo di musicisti preparati, affidabili, ma vederli allineati nella loro divisa severa, sotto la grande mano rapace, risulta una immagine agghiacciante, che diventa ancora più sensazionalmente drammatica quando viene suonato il ‘Va Pensiero’, eseguito ovviamente senza il supporto del coro, quasi a narrare un popolo muto, amara metafora certamente non voluta, dei nostri contraddittori tempi.
La chiusura, accompagnata dal battimano scomposto del pubblico, riesce a farci uscire rapidamente dalle elucubrazioni filosofiche per tuffarci nella dimensione, più areniana, del pop festivaliero.
Parlando degli aspetti musicali, l’orchestra della Fondazione Arena di Verona è diretta con mano sensibile da Marco Armiliato.
La sua è una lettura elegante, che evita forzature e numeri ad effetto, riuscendo a sublimare alcuni passaggi della partitura e trovando delle sfumature di grande suggestione, non sempre, però, del tutto condivise dagli interpreti, che in alcuni momenti sono sovrastati dal volume orchestrale.
Solida la prova del coro, diretto con sicurezza da Roberto Gabbiani.
Passiamo quindi alle voci. Della protagonista della prima in mondovisione abbiamo già scritto.
Lasciano abbastanza stupiti sia la scelta di alcune voci, sia l’idea di far cantare alcuni interpreti due sere di seguito.
Sicuramente è stato convincente il Messaggero di Riccardo Rados: stentoreo, squillante, è riuscito ad essere credibile nonostante un costume quanto mai lontano dall’idea di messo di guerra.
Brave e molto musicali le interpreti della Sacerdotessa: Francesca Maionchi, in Mondovisione e Daria Rybak, il giorno dopo, vestite con un impegnativo abito rosso, che sembrava citare le sofisticate creazioni di Capucci.
Nel ruolo di Amonasro si sono alternati Roman Burdenko (16 giugno) ed Amartuvshin Enkhbat (17 giugno).
Censurabile in toto la prova del primo, lussuosa vocalmente e credibile scenicamente quella del secondo.
Convincente vocalmente il Ramfis di Michele Pertusi, che riesce a costruire con misura un personaggio tutt’altro che secondario.
Simon Lin, in entrambe le serate ha dato una prova in crescendo, rivelando una tecnica appropriata, ma non ha sempre l’autorevolezza vocale e scenica che il ruolo del Re richiederebbe,
Arriviamo alla terna dei protagonisti. Olesya Petrova era Amneris.
Incomprensibile la scelta di farla cantare due giorni di seguito, anche perché il mezzosoprano si è dimostrata da subito poco credibile scenicamente ed insoddisfacente dal punto di vista vocale.
La sua voce è come un uragano: un grandissimo volume, che non riesce ad amministrare, un suono disomogeneo, acuti che sfiorano l’urlo, una intonazione non sempre appropriata, una espressività decisamente generica.
Anche Yusif Eyvazov ha cantato due sere di seguito. Il suo Radames è sorretto da una tecnica sicura, è generoso negli acuti, ma è avaro di colori, con un timbro né regale, né sensuale ed una recitazione generica e poco centrata.
Inevitabile il confronto fra la Netrebko e Maria José Siri, a vantaggio della prima.
La voce del soprano uruguayano è risultata più aspra che in passato, soprattutto nel registro centrale. Forse a causa dell’oneroso repertorio frequentato in questo periodo.
La resa complessiva è risultata disomogenea, con momenti di intensità assoluta, come la seconda parte di ‘Ritorna Vincitor’, ma anche passaggi che si sentono a fatica, con alcuni acuti che non sembrano del tutto sotto controllo.
Dal punto di vista scenico, il personaggio è risultato generico, con movimenti scontati ed atteggiamenti stereotipati, ma forse andrà migliorando nel corso delle recite.
Alla fine, ampi applausi per tutti, con una incomprensibile ovazione per la Petrova e qualche isolato dissenso per la Siri.
Gianluca Macovez
Verona, 16 e 17 giugno 2023
Photo©ENNEVI
Arena Opera Festival 2023
AIDA
Opera in quattro atti
Libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di Giuseppe Verdi
Regia, scene, costumi, luci, coreografia
Stefano Poda
16, 17, 25, 29 giugno 09, 16, 21, 30 luglio 02, 18, 23 agosto 03, 08 settembre
Direttore
Marco Armiliato
16, 17, 25, 29 giugno 09, 16, 21, 30 luglio 02 agosto
Daniel Oren
18, 23 agosto 03, 08 settembre
Il Re
Simon Lim
16, 17 giugno 16, 30 luglio 02 agosto
Abramo Rosalen
25, 29 giugno 09, 21 luglio
Vittorio De Campo
18 agosto 08 settembre
Romano Dal Zovo
23 agosto 03 settembre
Amneris
Olesya Petrova
16, 17, 25 giugno 21, 30 luglio 02 agosto
Clémentine Margaine
29 giugno 18, 23 agosto
Ekaterina Semenchuk
09, 16 luglio 03, 08 settembre
Aida
Anna Netrebko
16 giugno 16, 30 luglio 02 agosto
Maria José Siri
17, 25 giugno 08 settembre
Monica Conesa
29 giugno 21 luglio
Anna Pirozzi
18, 23 agosto
Elena Stikhina
03 settembre
Radamès
Yusif Eyvazov
16, 17, 25 giugno 09, 16, 30 luglio 02 agosto
Luciano Ganci
29 giugno
Yonghoon Lee
21 luglio 08 settembre
Gregory Kunde
18, 23 agosto
Angelo Villari
03 settembre
Ramfis
Michele Pertusi
16, 17 giugno
Alexander Vinogradov
25, 29 giugno
Rafał Siwek
09, 16, 21 luglio 18, 23 agosto 03, 08 settembre
Christian Van Horn
30 luglio 02 agosto
Amonasro
Roman Burdenko
16, 25 giugno
Amartuvshin Enkhbat
17 giugno 30 luglio 02 agosto 03 settembre
Youngjun Park
29 giugno 09 luglio 18 agosto
Alberto Gazale
16 luglio
Simone Piazzola
21 luglio
Ludovic Tézier
23 agosto
Gevorg Hakobyan
08 settembre
Un messaggero
Riccardo Rados
16, 17, 25, 29 giugno 09, 16 luglio 23 agosto 03, 08 settembre
Carlo Bosi
21, 30 luglio 02, 18 agosto
Una Sacerdotessa
Francesca Maionchi
16, 29 giugno 21 luglio 03, 08 settembre
Daria Rybak
17, 25 giugno 16, 30 luglio 02 agosto
Yao Bohui
09 luglio 18, 23 agosto