A BERGAMO DONIZETTI OPERA 2018:
PER LA TERZA EDIZIONE DEL FESTIVAL DAL 20 NOVEMBRE AL 2 DICEMBRE UN PROGRAMMA UFFICIALE ANCORA PIÙ RICCO DI APPUNTAMENTI CON DUE TITOLI OPERISTICI, LA MUSICA SACRA, LE GRANDI VOCI E UN OMAGGIO A ROSSINI
Debutto per il direttore musicale Riccardo Frizza, Jessica Pratt artista in residenza, l’atteso ritorno di Carmela Remigio e Corrado Rovaris, un concerto di Mariella Devia, e ancora l’Orchestra Nazionale della Rai con Daniela Barcellona, Sonia Ganassi, Alessandro De Marchi e l’Academia Montis Regalis
Saranno due settimane ancora più intense e piene di appuntamenti rispetto agli anni precedenti, quelle della terza edizione a Bergamo del festival internazionale Donizetti Opera 2018, dedicato al compositore bergamasco: il programma – preparato dal direttore artistico Francesco Micheli – si snoderà dal 20 novembre al 2 dicembre 2018 sempre al Teatro Sociale e in altri luoghi simbolici della città lombarda.
La formula del festival rimane identica a quella della precedente edizione: due i titoli operistici da riscoprire con nuove produzioni che si intrecciano fra loro nei due fine settimana intorno al Dies natalis (29 novembre) e una serie di appuntamenti quotidiani, dalle prove aperte per gli under30, allo spettacolo per bambini, ai concerti di musica da camera, a quelli dedicati al repertorio sacro, ai concerti vocali che compongono il ricco programma musicale festivaliero.
Inaugurazione il 22 novembre (Teatro Sociale, ore 20.30) con un Concerto di gala dedicato, oltre che a Donizetti naturalmente, a Rossini nel 150° anniversario della morte: protagonista il direttore musicale del festival Riccardo Frizza che debutta a Bergamo sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, con il Coro Donizetti (maestro del coro Fabio Tartari) e un gruppo di solisti vocali di eccezione fra i quali il mezzosoprano Daniela Barcellona e il soprano Jessica Pratt, nominata quest’anno artista in residenza del Festival.
Il titolo operistico legato al progetto #donizetti200 è Enrico di Borgogna (23, 25 novembre – 1 dicembre, anteprima under 30 il 20 novembre), “ingresso in società” per il giovane compositore bergamasco, in scena per la prima volta a Venezia nel 1818 per l’apertura di quello che è oggi il Teatro Goldoni. Per questo nuovo allestimento – coprodotto con il Teatro La Fenice di Venezia – la regia è di Silvia Paoli mentre Alessandro De Marchi e la sua Academia Montis Regalis saranno responsabili della lettura musicale secondo la revisione critica di Anders Wiklund. Per questa rarità il festival può vantare interpreti vocali di assoluto livello come Anna Bonitatibus, Sonia Ganassi, Levy Sekgapane e Luca Tittoto. Coro Donizetti Opera diretto da Fabio Tartari; scene di Andrea Belli, costumi di Valeria Bettella, luci di Fiammetta Baldisseri.
Molto alta l’attesa per l’altro titolo operistico in programma, Il castello di Kenilworth (24, 30 novembre – 2 dicembre, anteprima under 30 il 21 novembre), prima delle tre opere che Donizetti dedica ad Elisabetta I d’Inghilterra (anche per questo spesso identificata come “Elisabetta al castello di Kenilworth”). Per questo appuntamento con un’opera considerata “mitica” dagli appassionati – nella nuova revisione sull’autografo a cura di Giovanni Schiavotti – salirà sul podio il direttore musicale Riccardo Frizza; la regia è invece affidata a Maria Pilar Pérez Aspa. Interpreti vocali, due dive del belcanto come Jessica Pratt (nel ruolo di Elisabetta) e Carmela Remigio (in quello di Amelia) già protagoniste nelle precedenti edizioni del festival di spettacoli di grande successo; quindi nei ruoli tenorili Xabier Anduaga (in alternanza con Francisco Brito) e Stefan Pop. Le scene sono di Angelo Sala, i costumi di Ursula Patzak, le luci di Fiammetta Baldisseri. L’Orchestra è la Donizetti Opera e il Coro Donizetti è sempre guidato da Fabio Tartari.
Le due opere saranno registrate e distribuite su dvd/bluray grazie all’impegno di Dynamic.
«Il Festival DO, variegata ed entusiasta festa di compleanno per il nostro Gaetano» – sottolinea il direttore artistico Francesco Micheli – «rivive e celebra il percorso umano artistico del compositore: 200 anni fa, seguendo le orme di Arlecchino, Donizetti giungeva a Venezia per poter dare prova del suo talento operoso:Enrico di Brogogna è un debutto che segna un’altra inaugurazione, la nascita del Teatro Goldoni che lo ospita. Un evento da ricordare. Due decenni dopo, Donizetti fa debuttare una incredibile primadonna: con il Castello di Kenilworth il compositore si dedica per la prima volta al grandioso personaggio di Elisabetta I di Inghilterra; di più, quella è la prima opera in cui due primedonne si fronteggiano in una rivalità inedita… perché solidale.“Largo ai giovani” e “spazio alle donne” potrebbero essere i due motti che sospingono il DO 2018. Un parterre di dive abiterà Bergamo a novembre, ma mi piace omaggiare qui due artiste che siamo felici di ospitare per la prima volta: le due registe Silvia Paoli e Maria Pilar Pérez Aspa. Due consumate attrici dalla profonda e riconosciuta intelligenza scenica: da loro ci aspettiamo la capacità di dare spazio ai drammi di donne maiuscole che reclamano, urlano – di più – cantano il loro bisogno di vita e di spazio. Buon compleanno, Gaetano!».
Le opere andranno in scena grazie al coinvolgimento in prima linea anche della sezione scientifica della Fondazione diretta da Paolo Fabbri, impegnata costantemente verso una sempre più approfondita codificazione musicologica dell’identità musicale del compositore.
Una grande voce dei nostri tempi, interprete d’elezione del repertorio a belcantista, il soprano Mariella Devia, è la protagonista dell’ormai atteso concerto vocale (Teatro Sociale, 28 novembre) che ogni anno caratterizza la programmazione del festival; sul podio dell’Orchestra Filarmonica del Festival Pianistico di Brescia e Bergamo un suo partner storico come Giuseppe Sabbatini che – dopo una rilevante carriera tenorile sui maggiori palcoscenici del mondo – da alcuni anni prende la bacchetta in occasioni speciali come questa; partecipa anche il Coro Donizetti Opera (Maestro del coro Fabio Tartari).
Per il Dies natalis si rinnova l’appuntamento con il repertorio sacro e con Corrado Rovaris, direttore bergamasco con il quale si sta dando vita anche a un articolato progetto discografico con Concerto Classics. Il 29 novembre 2018, nella Basilica di Santa Maria Maggiore – dove riposano Donizetti e il suo maestro Giovanni Simone Mayr – verrà eseguito l’oratorio La creazione del mondo di Haydn, edizione in italiano su versi di Giuseppe Carpaniper Die Schöpfung per ricordare l’occasione in cui, nel 1809, Mayr promosse l’esecuzione dell’opera in prima cittadina al Teatro della Società (con Donizetti fra i cantori) per raccogliere i fondi necessari alla istituzione del Pio Istituto «a sollievo de’ vecchî impotenti professori, e delle loro vedove ed orfanelli» (come si legge nella dedicatoria del libretto stampato per l’occasione e conservato presso la Biblioteca Civica “Angelo Mai” di Bergamo). Sarà questa all’interno del Festival 2018 un’esecuzione in forma semiscenica, firmata dallo stesso Francesco Micheli, con scene di Angelo Sala e immagini di Francesca Ballarini. Interpreti vocali Zuzana Marková, Diego Godoy e Luca Tittoto. I Virtuosi Italiani – gradito ritorno per la compagine orchestrale dopo la Bolena del 2015 – saranno affiancati dal Coro della Radio Ungherese diretto da Zoltán Pad.
Sono previsti poi due progetti nati per gli spazi della Casa Natale di Donizetti in Borgo Canale, monumento nazionale dal 1926, che costituiscono entrambi una tappa di un progetto più ampio che si svilupperà nei prossimi anni. Il 25 novembre Dante da camera: l’Inferno in salotto, narrazione con musica che coniuga, su una drammaturgia di Paolo Fabbri e Maurizio Donadoni, le composizioni di Donizetti e Rossini su versi di Dante, con il baritono Bruno Taddia impegnato come Conte Ugolino in una pagina donizettiana con la regia di Donadoni e Fabbri come narratore.
Il 1 dicembre Il volo del gufo: Donizetti e l’esilio, un progetto del Quintetto Orobie con il soprano Holly Czolaczche, da alcuni anni, propone non solo nell’ambito del Festival e della Donizetti Night ma anche con cd e altre occasioni concertistiche, esecuzioni narrate dedicate ad alcuni aspetti costitutivi della poetica donizettiana.
Infine, l’Academia Montis Regalis, oltre che impegnata in buca per Enrico di Borgogna, è protagonista di una serie di concerti da camera nei weekend che avranno luogo nelle più belle dimore storiche bergamasche con musiche di Donizetti e Mayr, grazie alla collaborazione con il festival DimoreDesign.
Le opere in scena nel 2018
Enrico di Borgogna (23, 25 novembre – 1 dicembre): «Nel nobile teatro Vendramin a s. Luca, nuovamente abbellito, e dipinto, avrà luogo questa sera la prima rappresentazione dell’opera Enrico di Borgogna; poesia del sig. Bartolommeo Merelli, e primo lavoro musicale del sig. Donizetti, allievo del liceo di Bologna». Così il 14 novembre 1818 il giornale «Il Nuovo Osservatore Veneziano» annunciava la riapertura del teatro di S. Luca (oggi Goldoni, e radicalmente rifatto), coincidente col debutto ‘in società’ del giovane Donizetti. Formatosi prima a Bergamo con Mayr, poi a Bologna con padre Mattei, Donizetti aveva fin lì scritto musica per salotti e accademie o per la chiesa, e solo saltuariamente qualche ‘numero’ teatrale. Per la prima volta si presentava con un’opera tutta sua: un titolo semiserio su versi del bergamasco Merelli, lui pure allievo di Mayr. La sera del 14 novembre furono applaudite la sinfonia e alcuni ‘numeri’ dell’opera. Al termine, «il pubblico al discendere del sipario volle fra gli applausi salutare il sig. Donizetti sul palco scenico» («Il Nuovo Osservatore Veneziano»). Era un credito di fiducia, perché di quell’opera ne avevano sentito forse neppure i due terzi. Esordiente pure lei in teatro, per l’emozione la primadonna era svenuta alla fine del primo atto, ed era stata lì per lì sostituita da una comprimaria, ma nel secondo atto si erano dovuti eliminare i suoi ‘numeri’: ben 3, forse 4. A causa della sua défaillance la seconda recita ci fu soltanto un mese dopo, il 15 dicembre. E lì finalmente si poté ascoltare tutta la musica dell’Enrico di Borgogna, di nuovo applaudita e trovata «regolare, ragionata, e opportunamente vivace e briosa» nonché poco propensa agli strepiti dell’orchestra moderna: un pregio, per il recensore del «Nuovo Osservatore Veneziano». Aveva «originalità» questo debuttante? Il giornalista si pone la domanda e l’accantona. Adesso che la recente scoperta a Copenhagen di un’altra partitura manoscritta di quest’opera – di provenienza anch’essa veneziana come quella fin qui nota, oggi a Parigi – e l’avvio del progetto 200 del festival Donizetti Opera consentono anche a noi di conoscerla nella sua interezza, potremo dire la nostra: non tanto sull’originalità o meno di un esordiente – un falso problema, forse perfino futile – quanto sui suoi modelli e sulla loro attuazione.
Il castello di Kenilworth (24, 30 novembre – 2 dicembre): Il castello di Kenilworth andò in scena al San Carlo di Napoli il 6 luglio 1829. Fu scritta da Donizetti su un libretto di Andrea Leone Tottola, che rideclinava in termini operistici un romanzo di Walter Scott, Kenilworth (1821),attraverso varie mediazioni, però, che in una certa misura allontana vano quel libretto dalla fonte letteraria inglese: la prima era Leicester ou le Château de Kenilworth di Scribe e Auber (1823), che costituiva il precedente teatral-musicale, la seconda una commedia di Gaetano Barbieri (1824), dalla quale Tottola ricavò anche il titolo in lingua italiana del suo libretto. Da entrambe il libretto di Tottola derivò il finale lieto, con il perdono accordato dalla regina Elisabetta all’amato Leicester che aveva sposato in segreto la giovane Amy Robsart (mentre, nel romanzo di Scott, Amy muore per mano del crudele Varney). Il castello di Kenilworth costituisce comunque l’avvio delle opere di soggetto inglese degli anni Trenta, e soprattutto, dopo Anna Bolena, delle ‘elisabettiane’: Maria Stuarda e Roberto Devereux. È anche la prima che contrappone due ruoli femminili, altra costante nelle opere inglesi donizettiane. Questi tratti anticipatori evidenziano il ruolo che Il Castello di Kenilworth ebbe nel traghettamento del teatro donizettiano dal dramma di impronta classicista al dramma romantico, e la definitiva liquidazione del modello rossiniano, che ancora qui mantiene comunque una sua impronta. Il cantiere aperto sulla nuova edizione di questo titolo consentirà anche di cogliere modi e tempi di questo passaggio.
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Bergamo, 28 febbraio 2018 (f.t.)
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