Di Gabriele Petukhov
Un elemento che contribuisce enormemente al successo di molti film è la musica che li accompagna. La musica è un linguaggio, e in quanto linguaggio racconta una storia, qualsiasi musica, da un concerto di Corelli a una sinfonia di Tchaikovskij, e così via.
Spesso facciamo fatica a immaginarci quelle storie e ci limitiamo ad ascoltare: ma dietro ogni nota, dietro ogni accordo, si celano precise situazioni, sentimenti e idee, analizzate dall’artista nell’animo dell’uomo esattamente come un biologo analizzerebbe una molecola; se entriamo in quest’ottica riconosciamo subito il grande compositore, distinguendone uno vero da uno falso.
E siccome le situazioni che troviamo in musica si riferiscono a situazioni della nostra vita, la nostra vita intera è una lunga colonna sonora, una lunga storia: è come un’opera, noi qualsiasi cosa facciamo siamo sempre accompagnati da una sorta di musica inconscia.
Questo fatto è palesato nei film: la musica esprime e riassume il succo di una scena, di un avvenimento. Se il film è bello e la musica pure sarà quindi difficile non piangere.
Ne sappiamo qualcosa: dal colossal “Braveheart” firmato James Horner, l’autore della colonna sonora di “Titanic” da poco scomparso e a cui vanno costantemente i miei affetti, pensieri e preghiere, a “La vita è bella”, che tutti conosciamo, la cui colonna sonora è scritta da colui che io stimo uno dei migliori compositori viventi: Nicola Piovani. E così per molti altri capolavori cinematografici che fanno alla fine ritrovarci in una valle di lacrime.
Nicola Piovani
E comporre una colonna sonora è invero difficilissimo, tutt’altro che banale: bisogna saper entrare nell’animo di un film, così come il pittore deve poter, insieme a un ipotetico osservatore, entrare nel suo quadro. Ma senza dilagare e parlare di musicologia, andiamo al punto: tutto questo modo di pensare, comporre e agire è nato da qualcuno, non si è creato da solo.
Questo qualcuno è stato Nino Rota, il primo vero compositore di musica da film, che ha fatto scuola non solo agli italiani ( e quindi a Morricone e Piovani) ma anche agli stranieri, specialmente in America: lui e gli Stati Uniti si sono sempre musicalmente influenzati a vicenda.
Nino Rota
Giovanni Rota Rinaldi, in arte “Nino Rota”, nacque a Milano il 3 dicembre del 1911; bambino prodigio al pari di Mozart e Mendelssohn, scrisse a solamente quasi undici anni, nel 1922, “L’infanzia di San Giovanni Battista”, un pezzo sacro che ebbe molto successo in Francia; nel ’23 entrò in conservatorio, e nel ’26 scrisse “Il principe porcaro”, un’ opera per ragazzi basata sulla omonima fiaba di Andersen.
Musica matura, ironica, perfetta, senza sbavature, come dissero i critici, e ricca di quella vitalità, spensieratezza e sincera emotività che, unita a un grande senso della melodia, per sempre influenzerà i suoi lavori. Si diplomò in composizione nel 1930: aveva studiato con l’illustre Alfredo Casella. A Filadelfia, negli USA, vince una borsa di studio; e finalmente, nel ’33 scrive la prima colonna sonora per “Treno popolare” di Matarazzo. Film veloce e giovanile, come la sua musica. Da lì cominciò inesorabile la sua ascesa: dalle sue collaborazioni con Fellini, Visconti e Zeffirelli nacquero le musiche di “Amarcord”, “La dolce vita”, “Il gattopardo”, “Romeo e Giulietta”, “Il Padrino” e di molte altre pellicole di successo.
Ma noi commettiamo sempre un errore: quello di dimenticarci della sua musica non cinematografica. Compose davvero ovunque capolavori: eccelse nel sinfonismo con cinque sinfonie – di cui una, bellissima, scritta “sopra una canzone d’amore”; oppure con uno straordinario concerto per pianoforte e orchestra, “Piccolo mondo antico”. Eccelse quindi nella musica da camera con parecchi pezzi per pianoforte solo o piccoli ensemble (bellissima la sonata in Re per clarinetto e piano), e infine nel mondo dell’opera, con il capolavoro comico “Il cappello di paglia di Firenze”. Scrisse poi parecchia musica sacra e vocale, ad esempio due meravigliose cantate, “Mysterium” e “La vita di Maria”. Quando inoltre Fellini morì, la moglie Giulietta Masina chiese pure che venisse eseguito al suo funerale “l’Improvviso dell’Angelo”, per tromba, sempre del nostro compositore. Direttore fra l’altro del conservatorio di Bari, fu un uomo umile e gentile, introspettivo e silenzioso, di grande ermetismo e spiritualità.
Il suo genio si spense il 10 aprile del 1979, a Roma. La sua anima aveva vinto un Nastro d’Argento, un premio BAFTA, un Golden Globe, un Oscar e un David di Donatello; da quel giorno è sempre rimasto con noi, e noi per rendergli onore abbiamo il dovere di far conoscere a chiunque quella musica che fu il raggio dorato del Sole nel tormentato e buio panorama musicale del novecento.
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