By Salvatore Margarone
Johannes Brahms (Amburgo 1833 – Vienna 1897) è tra gli illustri compositori tedeschi del XIX secolo.
Dai primi rudimenti musicali appresi dal padre, suonatore di contrabbasso, passò velocemente allo studio del pianoforte con F.W. Cossel. La sua capacità di apprendimento nel campo musicale gli permise, sin da giovanissimo, di guadagnarsi un posto in alcune orchestre locali, nelle quali ha imparato l’arte dell’accompagnamento, nonché di approfondire lo studio della composizione con E. Marxsen.
Già a vent’anni accompagnava il famoso violinista R. Reményi in alcune tournée, e grazie a quest’ultimo, conobbe il violinista, direttore d’orchestra e compositore tedesco J. Joachim che, già famoso, lo introdusse nei più influenti circoli musicali tedeschi dell’epoca.
In questi circoli ebbe la fortuna di incontrare Franz Liszt a Weimar (1853) che, dai documenti giunti a noi fino ad oggi, pare lo lasciò quasi del tutto indifferente. Cosa contraria invece avvenne per l’incontro con Robert Schumann a Düsseldorf. quest’ultimo, vedendo in Brahms una sorta di antidoto alla corrente progressista rappresentata da Liszt e Wagner, in un vigoroso articolo sulla “Neue Zeitschrift für Musik” di quell’anno, lo segnalò al pubblico come una promessa della nuova generazione musicale.
Gli anni che seguirono furono dedicati, con devozione, all’amica Clara Schumann, alla quale rimase costantemente vicino durante l’inguaribile malattia del marito Robert (1854-56).
In questo stesso periodo Bramhs, , fino ad allora rimasto nell’ambito dei Lieder e delle composizioni per pianoforte, incoraggiato sempre più dall’amico Joachim, allo scopo di allargare il suo orizzonte tecnico-stilistico, coltivò esercizi di contrappunto e si accostò alla tecnica orchestrale. Iniziò così un periodo fecondo nel quale nacquero capolavori come i 2 Quartetti con pianoforte op.25 e op. 26, composizioni sinfonico-corali, come il Requiem Tedesco ed il Canto del Destino, che più tardi avrebbero fatto da trampolino di lancio alla Sinfonia vera e propria.
In Brahms si nota una consapevole gradualità nell’affrontare le diverse forme musicali in cui cimentarsi, il Nostro va infatti dalle più semplici a quelle sempre più complesse, facendo emergere così una consapevole ascesa nella gerarchia dei suoi valori musicali, al cui vertice troviamo la Sinfonia.
La sua devozione all’ideale della forma, le cui radici affondano nell’eredità lasciata da Beethoven, trovandosi al di qua di quella soglia romantica, e la sua fiducia che la musica possegga autonomamente, in assoluto, i germi della propria espressione, finirono col costringere Brahms a ricoprire il posto di capo del partito antiwagneriano e dei classicisti. In realtà Bramhs era alieno ad ogni forma di polemica; ciononostante, la polemica sopravvisse ai suoi maggiori protagonisti, trovando anche, dopo la morte di Wagner, una sorta di variante alla contrapposizione fra Bramsh e Bruckner.
Solo molto più in là si cominciò a capire che ciò che accomuna Brahms al romanticismo è più importante di ciò che lo separa, e a considerare, in tal modo, la sua opera come l’altro versante di un’unica realtà espressiva.
Nell’attività creativa di Brahms, la composizione pianistica, come fu per Beethoven, costituì una costante essenziale su cui preparare gli strumenti indispensabili per affrontare altri generi; di questi anni (1852-53) è il Primo Concerto per Pianoforte, e seguirono a ruota i suoi capolavori: Le Variazioni su un tema di Paganini op.35 e le Variazioni su un tema di Häendel op.24; a dieci anni di distanza prendono corpo anche le Variazioni su un tema di Haydn op.56 in una doppia versione, per orchestra e per pianoforte a 4 mani.
Del 1858-69 sono le 21 Danze Ungheresi op.35 per pianoforte a 4 mani, avvolte da quella vena popolare delle copiose raccolte di Kinderlieder (canzoni infantili) per canto e pianoforte (1858) e di Volkslieder (canzoni popolari) per coro a cappella o per voce e pianoforte (1858, 1864, 1894).
Nell’ultimo periodo, cioè quello che va dal 1878 al 1897, Brahms può pienamente compiere il suo desiderio verso la Sinfonia, approcciando al pianoforte Capricci, Intermezzi e Rapsodie, solamente come una sorta di confessione pianistica.
Sono del 1877 e del 1878 la Prima e Seconda Sinfonia, rispettivamente op. 68 e op. 73, e le 2 Ouvertures per orchestra op. 80 e 81 (l’Accademica e la Tragica); troviamo anche Quartetti e Quintetti, oltre che alla Sonata per violoncello e pianoforte op.99; la Terza e la Quarta Sinfonia op. 90 e 98; in ultimo si ricordano le Sonate per violino e pianoforte op. 78,100 e 108, i Trii dell’op. 87 e 101, i due Quintetti op.114 e 115, e le due Sonate per clarinetto e pianoforte op.120, che sono caratterizzate da una straordinaria pregnanza espressiva e da un’inquietudine armonica e timbrica, dove si denotano le ultime e forse più alte espressioni di tutta l’arte brahmsiana.
Ascoltando le sue opere possiamo dunque osservare quanto Brahms sia stato molto più vicino a Wagner che a Beethoven di quanto egli stesso pensasse, per la tortuosità e l’ampiezza dei giri armonici, soventemente spinti alle estreme possibilità tonali (come faceva Wagner del resto) e mai rigidamente conclusivi.
Perla del tardo romanticismo tedesco, Johannes Brahms rimarrà un autore fondamentale di transizione di un’epoca intramontabile che sfocerà, di lì a breve, in scombussolamenti tonali e formali che vedranno emergere compositori di spicco, tra cui l’ormai celeberrimo Richard Strauss, le cui innovazioni stilistico-armoniche, ancora oggi si ascoltano molto volentieri nelle composizioni.