Le origini del Melodramma: gli albori con Caccini e Peri
Alla fine del XVI secolo inizia quel processo di elaborazione dei “materiali” musicali che costituiscono le fondamenta della musica e che noi definiremo “classica”.
Prima Puntata
Nasce così, parallelamente alla grande produzione polifonica, lo stile essenzialmente monodico che darà origine all’opera ed alla cantata, la quale, a sua volta, si svilupperà in forma più ampia e complessa, dando luogo all’oratorio. Nel campo della musica strumentale, da uno stile imitativo del genere vocale, prende forma la sonata che porterà poi al concerto e si fa netto anche il distacco tra la musica sacra e quella profana.
La musica europea ruota, in generale, principalmente in tre soli paesi : Italia, Germania e Francia, mentre la Spagna e l’Inghilterra sono pressoché mute, vivendo per così dire di riflesso gli avvenimenti culturali che nascono e si sviluppano fuori dai loro confini anche se ragioni di gusto, di cultura e di prestigio, le inducono ad accogliere e favorire musicisti di prima grandezza. Il dialogo sarà aperto e fecondo specialmente tra l’Italia e la Germania; la musica tedesca stimolata in un primo tempo dall’apporto di quella italiana finirà, soprattutto per ciò che riguarda il genere strumentale, per imporre progressivamente la sua voce sopra ogni altra.
In Francia troviamo un grande rifiorire musicale, ed è attorno alla corte del Re Sole che si svolge la vita intellettuale ed artistica del Paese. D’ora in poi, in campo culturale, la Francia sarà connotata alla sola Parigi.
Il XVI secolo segna innanzitutto il trionfo della monodia accompagnata sulla polifonia. E’ anche vero che la corrente polifonica non è ancora tramontata, anzi prosegue fino a Johann Sebastian Bach che ne dà una sorta di grandiosa conclusione, e lo strumento solista e la voce umana, invece, si impongono sempre più, per la ricchezza stessa del discorso musicale, la semplificazione della scrittura, a cui si aggiungono le finezze dell’armonia in sostituzione di quelle elaboratissime del contrappunto polifonico.
In questo contesto mutevole di generi e fervore musicale, ha inizio quel processo che porterà i musicisti a trovare nuove tecniche per intrattenere il pubblico: l’opera.
Tradizionalmente si tende ad attribuire l’invenzione dell’opera alla Camerata Fiorentina dei Bardi, cenacolo di dotti e di musicisti che opera tra gli ultimi anni del Cinquecento e i primi del Seicento. Vi facevano parte, tra gli altri, i musicisti Giulio Caccini(1550 – 1618) e Jacopo Peri(1561 – 1633) autori delle prime opere in stile rappresentativo, il cosiddetto “recitar cantando”, che esaltava la chiarezza della parola e che si può considerare la reazione italiana al complesso stile polifonico. Questo contrasto era già apparso evidente in occasione della rappresentazione nel 1589 de “La Pellegrina”: Intermedi et Concerti per le nozze di Don Ferdinando Medici e di Madama Cristina di Lorena, grandi affreschi scenico-musicali dove, accanto a Luca Marenzio, principe del madrigale, vi figuravano come musicisti proprio il Caccini e il Peri, e accanto a loro, Emilio de’ Cavalieri (1550 – 1602), un altro degli iniziatori della monodia drammatica, che peraltro non aveva alcun rapporto col salotto dei Bardi.
La nascita dello stile monodico si pone in quel generale interesse per la classicità antica, nato in epoca rinascimentale, che si traduce in uno studio sempre più approfondito del rapporto tra musica e parola poetica. Il ritorno all’antico è altresì presente in alcuni importanti lavori letterari di quest’epoca come l’ “Aminta” di Torquato Tasso (1573) e il famosissimo “Pastor fido” di Giovanni Battista Guarino (pubblicato nel 1589, ma portato a termine alcuni anni prima). Questa sensibilità porta ad una sempre più evidente indifferenza per la polifonia, accusata di rendere impossibile la comprensione del testo ed inoltre vanificare le potenzialità espressive della melodia in rapporto con la parola.
La conoscenza del mondo classico è dunque un aspetto quanto mai importante nella realizzazione di quel progetto “archeologico” voluto dai musicisti e dai letterati, primo fra tutti il poeta Ottavio Rinuccini, che si radunavano nel palazzo del Conte Giovanni de’ Bardi. La meta da raggiungere era la creazione di un progetto artistico ideale, fusione tra gesto, parola e musica che solo la tragedia greca aveva realizzato fino ad allora.
Nasce così nell’anno 1597, “Dafne” composta da Jacopo Peri su libretto del Rinuccini (quasi tutta persa) mentre il 6 ottobre 1600, in una stanza di Palazzo Pitti a Firenze, davanti ad un pubblico ristretto di invitati durante i festeggiamenti per le nozze di Maria de’ Medici con il Re di Francia Enrico IV, veniva rappresentata l’ “Euridce”, dramma per musica dello stesso Peri, su testo di Rinuccini. Entrambi sono tentativi di far rivivere la tragedia antica che, è importante ricordare, era cantata; da qui il termine “recitar cantando” o “parlar cantando” idealizzato dai membri della Camerata.
“Euridice” rappresenta dunque il primo melodramma giunto a noi completo sebbene siamo ancora lontani dal concetto abituale di opera: il recitativo è di esclusivo supporto musicale al dramma, non esistono le arie, tuttalpiù qualche arioso nei momenti di maggior trasporto lirico. Il cantante d’opera, come lo intendiamo noi oggi, non esisteva ancora: gli interpreti erano piuttosto degli attori che intonavano una melodia sulla parola, come dimostra la scrittura vocale alquanto limitata. Su un altro piano tematico si mosse invece il già citato Emilio de’ Cavalieri. Romano di nascita ma vissuto a lungo a Firenze, sembra abbia preso parte alla prima esecuzione della “Dafne” di Peri: egli non sfugge al clima di rinnovamento che animava la vita musicale del momento. La via del Cavalieri, verso il “recitar cantando”, trova piena espressione nella sua rappresentazione di “Anima et di Corpo” eseguita nel febbraio del 1600 presso l’Oratorio di S. Maria della Vallicella in Roma. La rappresentazione di “Anima et di Corpo” può senz’altro essere considerata il primo importante esempio del nuovo stile del dramma per musica messo al servizio della religione ed anticipatore della struttura dell’oratorio Seicentesco e Settecentesco. Il tema arcadico della favola pastorale popolato da ninfe, pastori, dei e semidei, che ha animato il mondo dell’ “Euridice” del Peri e che verrà musicato lo stesso anno e sullo stesso testo anche da Giulio Caccini, lo ritroviamo nell’ “Orfeo” del grande Monteverdi.
E’ quest’ultimo che, con la sua opera, spiana la strada del rinnovamento musicale dell’epoca verso l’opera.
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