L’Eroica di Beethoven:storia di un capolavoro
Oggi 26 Marzo 2016 ricorre l’anniversario della morte di
Ludwig van Beethoven.
Con questo articolo intendiamo celebrare un grande della storia della musica.
di Gabriele Petukhov
Molti di noi si chiedono: c’è una musica davvero in grado di innalzarci in maniera sublime, donarci allegria, farci pensare alla morte e renderci epici ed eroici contemporaneamente?
La risposta è sì, e si tratta del più grande capolavoro sinfonico della gioventù di Beethoven. Ora, paragonandolo a Mozart, la cui terza sinfonia risale a quando aveva solo dieci anni, o ad Haydn, interessato di sinfonismo fin dall’età adolescenziale, gioventù è una parola grossa: infatti Beethoven scrisse la Terza Sinfonia, “Eroica”, fra il 1802 e il 1804, alla già rispettabile età di trentadue anni! Ma questo poco conta: il genio del maestro di Bonn aveva bisogno di anni per manifestarsi.
Mozart è spontaneo, fresco, una bevuta di acqua giovanile; Beethoven invece prima di fare le cose pensa, soffre, sperimenta l’enorme travaglio interiore che solo un vero artista –rifiutato dalle belle e alla continua ricerca di pace in Dio e nella natura- può sperimentare. Beethoven è sempre stato romantico, suvvia. Non hanno capito nulla gli storici della musica che collocano l’ultima Nona Sinfonia come porta e inizio del Romanticismo in musica: perché prima ancora di essere una forma, il Romanticismo è un insieme di ideali. Quali ideali? Quelli che hanno tutti i bambini. Ossia? Amore per i sentimenti, per il creato, per i momenti in cui possono fantasticare in epoche lontane e in posti che non esistono. Fratellanza universale: il cuore corrotto di noi uomini dimentica la capacità di socializzare e di perdono che invece hanno i bambini, che sono sempre i più vicini alla fonte della Verità. E soprattutto la volontà che tutti i bambini hanno di fare i titani, gli eroi della situazione. Ebbene, questi ideali li si vedono fin dalla prima sonata per pianoforte di Beethoven, è difficile scorgerli, ma ci sono. Ed è l’unione fra questi ideali romantici e la forma elegante e razionale del classicismo viennese a creare quei formidabili affreschi sonori di cui è capace Ludwig che tanto meravigliano gli ascoltatori.
Partitura manoscritta della Nona Sinfonia
Queste idee di giustizia e libertà vengono raccolte piano piano in tutta la vita del maestro; ed esplodono quando un certo Napoleone Bonaparte si pone eroe della liberazione. Ecco allora Beethoven colto dalla “Bonapartemania” che aveva preso anche il Manzoni del “5 Maggio” e tanti intellettuali e artisti dell’epoca. Incomincia il lavoro febbrile del maestro, che certamente condivideva, da buon giovane irruento ed irrequieto, prima la lotta e la guerra, poi la Fratellanza: quattro movimenti, scherzo e trio al posto del minuetto classico, orchestra alla massima espansione di organico disponibile (vengono per la prima volta nella storia utilizzati ben tre corni!), la bellezza di un’ora di durata. Mai si erano viste sinfonie così lunghe.
La prima esecuzione si fa in un salotto privato, sono presenti gentiluomini e damerini, ma soprattutto assiste al concerto Haydn, il maestro di Beethoven. Due accordi potenti e brevi di mi bemolle maggiore; si potrebbe dire due cannonate. E’ iniziata. Il tema viene esposto prima dai violoncelli, poi da fiati, e infine da tutta l’orchestra che vive, e canta. Dopo lo sviluppo e il ritornello ecco l’oboe intonare un malinconico secondo tema in minore. Forse un attimo di sogno in mezzo alla battaglia? L’orchestra dialoga, si muove, leggera nei fiati e grandiosa negli ottoni. Si raduna tutta insieme per la carica di cavalleria: la battaglia è vinta. Ora abbiamo il secondo movimento: ci dice che la gloria umana non è nulla di fronte alla potenza della morte. Questo pensiero fatale da tragedia greca attanaglia questa straordinaria marcia funebre dall’inizio alla fine, tranne nella sezione centrale. Nella disperazione, nella paura di morire, Beethoven ci mette la speranza: una dolce e solenne sezione in maggiore dove si intravede il Paradiso. Non a caso il papa emerito Benedetto XVI amava tanto questa sinfonia. “La grande musica” disse una volta “è sempre riflessione sulla vita e sulla morte”.
Quindi, dopo lo sconforto, abbiamo lo scherzo; prima la morte, ora la vita. C’è gioia, c’è eroismo. I corni nel trio fanno degli squilli acuti al limite del suonabile. L’ascoltatore torna allegro e si prepara al movimento finale, che colpisce in modo particolare, perché è quasi un invito di Beethoven stesso ad essere veri eroi nel mondo, dandoci questa missione: quella di fare i cavalieri per migliorare la vita di tutti. Il commovente tema cantato dal flauto lo troviamo in tutto il movimento, ma è alla fine che succede il fantastico: non si capisce esattamente cosa accada, tanta è la magia, ma dopo una calma riflessione dei fiati l’orchestra esplode velocissima, un finale mai ascoltato prima nella storia della musica, che anticipa vistosamente il finale della Nona. Una vetrata che si rompe? Le trombe celesti? La gloria divina? Un trionfo amoroso? Non si può dire, da quanto è indescrivibile il finale. Puro incanto.
Manoscritto della Terza Sinfonia
La sinfonia è finita, agli ascoltatori non è piaciuta molto. Troppo lunga, dicono. Troppa roba dentro, dicono. Se ne vanno insoddisfatti. Solo Haydn rimane nella sala, sconvolto. Un’ epoca era passata, si sentiva vecchio. Calmo e riflessivo fa i complimenti all’allievo; poi esce, senza sapere bene cosa era accaduto là dentro, solamente con la certezza di avere insegnato bene, in fondo, al piccolo Ludwig, a comporre. Nel frattempo Napoleone si era incoronato imperatore: Beethoven, sentendosi tradito, aveva strappato la dedica. E scritto, in italiano, ora c’era: “Sinfonia eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo.” E’ quella dedica che colpisce tanto. E’ Beethoven in persona che si aspetta qualcosa da noi delle generazioni future, aspetta un eroe che salvi l’umanità. E in questa epoca nichilista, di un eroe che sia d’esempio a tutti ne abbiamo veramente bisogno. E lo stiamo ancora aspettando.
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