Wang & Olafsson: vasti orizzonti per una battaglia a due pianoforti
Spesso la vita è un alternarsi di calma e furore, quiete e tempesta, momenti in cui corriamo come se il tempo fosse una tigre feroce che ci insengue e altri in cui stiamo fermi a contemplare la vastità infinita dell’orizzonte. Questi sentimenti riassumono bene l’atmosfera del concerto, avvenuto venerdì sera alla Royal Festival Hall di Londra, in cui due star del pianismo mondiale come Yuja Wang si confrontavano con un interessante programma che combinava lavori di autori contemporanei come Berio, Cage, Noncarrow, Adams e Pärt, con alcune pagine più classiche come la Fantasia in Fa minore di Schubert e le Danze Sinfoniche di Rachamninoff. L’intero programma era eseguito a due pianoforti, con Olafsson sulla parte grave della tastiera e Wang su quella più acuta. Del primo si apprezzavano il suono rotondo e compatto, e la stentorea chiarezza nell’articolazione. Della seconda risaltavano il temperamento, il suono brillante e il gioco dei piani e dei pianissimi, anche a costo di perder qualcosa a livello di rigore nel fraseggio.
La parte più riuscita risultava proprio quella relativa ai brani contemporanei. L’approccio dei due pianisti si caratterizzava per la ricerca di suggestivi effetti timbrici e dinamici, purmantenendosi sempre asciutto e a tratti quasi minimalista; uno stile fatto più di vuoti che di pieni, di spazi più che di linee, che permetteva di apprezzare il tessuto armonico dei vari brani. Questo risaltava soprattutto nell’esecuzione del Wasserklavier di Berio e ancora di più nel No. 1 delle Experiences di Cage, e ciò nonostante lo sciagurato tempismo sia delle maschere, che durante l’esecuzione di quest’ultimo brano facevano entrare una fiumana di rumorosi ritardatari, che degli esecutori stessi, che insistevano a suonare nonostante la bagarre in sala. Eccellente anche l’esecuzione del Player Piano Study No. 6 di Noncarrow e dell’Halleluja Junction di John Adams, pezzi caratterizzati da una notevole difficoltà ritmica e tecnica, eseguiti con perizia, compattezza, impressionante energia e suono massiccio.
Un pò meno efficaci le esecuzioni della Fantasia di Schubert e dell’Hymn to a great city (dedicato a New York) di Pärt, chetalvolta mancavano del guizzo espressivo e del trasporto necessari, risultando a tratti un po’ freddi. Molto emozionante, invece, l’interpretazione delle Danze Sinfoniche di Rachmaninoff, suonate con espressività, virtuosismo e un suono ampio e veramente ‘orchestrale’ (soprattutto ad opera di Olafsson), pur mantenendo l’equilibrio e sobrietàcaratterizzanti tutte le esecuzioni della serata. Un Rachmaninoff forse più post-moderno che tardo romantico, ma che ha fatto comunque correre il concerto verso ampi e luminosi orizzonti. Sul finale, una raffica di sei bis che comprendevano due Valzer a quattro mani e la Danza Ungherese No. 1 di Brahms, la Danza Slava in Mi minore di Dvořák, Fiocchi di Neve tratti dalla Jazz Suite per piano e orchestra di Tsfasman, la Marcia Militare No. 1 Op. 51 di Schubert e il Valzer in Lab Maggiore Op. 39 No. 15, ovviamente tutti arrangiati e suonati a quattro mani, che trasformavano il concerto in una vera e propria festa pianistica, con Olafsson che gridava ‘We’ll play until the Tube stops running!’ (‘Suoneremo fino a quando non chiudono la metro’). Alla fine, successo trionfale, tributato da una Royal Festival Hall piena fino all’ultimo posto, con un pubblico a forte componente cinese, vista la popolarità di Yuja Wang in patria.
La recensione si riferisce al concerto del 1 novembre 2024.
Kevin De Sabbata
Photo Credit Pete Woodhead
Vikingur Olafsson e Yuja Wang
Two Pianos
Pianoforte Vikingur Olafsson
Pianoforte Yuja Wang
Programma
Luciano Berio Wasserklavier, arr. per due pianoforti
Franz Schubert Fantasia in Fa minore, D.940
Cage Experiences No. 1
Conlon Nancarrow Player Piano Study No. 6, arr.di Thomas Adès
John Adams Halleluja Junction
Arvo Pärt Hymn to a great city
Sergej Rachmaninoff Danze Sinfoniche, arr. per due pianoforti