Prima recita della Manon Lescaut di G. Puccini al Teatro Filarmonico di Verona, il 4 marzo 2018.
di Salvatore Margarone e Federico Scatamburlo
E’ la provocante visione del regista Graham Vick che racconta in questa domenica pomeriggio la storia della protagonista dell’opera in titolo, trasportata in epoca contemporanea, in ambienti e panni totalmente diversi dai soliti. La moralità di Manon è letta in una chiave tutta personale, che di certo non ha rispecchiato né quella di Puccini tantomeno quella dei molti librettisti che hanno collaborato, alla fine dell’ottocento, per la creazione di quella che é la “vera” Manon Lescaut di G. Puccini.
Nelle mani di questo regista questa storica e meravigliosa opera pucciniana è stata totalmente stravolta nell’essenza e nella poesia: è rimasta solo la stupenda e ancora attualissima musica del grande maestro compositore.
I saloni settecenteschi sono diventati un aula scolastica dove il futuro amante di Manon festeggia con i compagni assieme alle educande; il secondo atto è proposto in una non ben identificata stanza che si trasforma in studio fotografico che sostituisce la scena del “minuetto”, e il parrucchiere trasmutato in un tatuatore cocainomane, che arriva perfino a disegnare il “neo” (che nella storia originale lei stessa si disegna in viso) sulla caviglia di Manon.
Il terzo atto è stato forse quello più fruibile in questa delirante regia: una parte del palco sopraelevato ha reso bene l’idea della nave nella quale verranno deportate le prostitute, appese e incatenate nelle loro stesse crinoline rovesciate in attesa di essere caricate nella stiva per essere mandate in America. Ensemble che stride tuttavia per l’eccessiva volgarità platealmente esibita in un contesto ai limiti della profanazione della grandiosità di Puccini.
La ciliegina sulla torta è stata la discarica di rifiuti che ha sostituito il deserto dove nella concezione originale i due protagonisti vengono abbandonati e dove Manon esalerà il suo ultimo respiro, osservati dall’alto da alcuni studenti che lentamente lasciano le scene dopo aver preso atto della morale del comportamento della protagonista.
Dunque, a parer nostro, completamente assente il vero dramma poetico di quest’opera, completamente spogliato dalle “trine morbide” ed involgarito con sesso, droga, per fortuna senza rock & roll. Teatralmente parlando, provocazioni così funzionano in un contesto adatto, in una piéce teatrale moderna e scritta volutamente con questi intenti, non certo sulle note di Puccini: non ci sono sfuggiti i molti commenti di un pubblico deluso da una rappresentazione totalmente contraria alle aspettative.
Francesco Ivan Ciampa ha diretto l’Orchestra del Filarmonico di Verona con molti momenti esaltanti (emozionante e applauditissimo l’intermezzo), peccato per alcune défaillance e qualche scollamento con il palcoscenico.
Il cast si è difeso bene anche se inizialmente qualche problemino si è ben percepito. Manon è stata interpretata da Amarilli Nizza che, pur non essendo in ottima forma per un’indisposizione da influenza, (come annunciato a metà rappresentazione dal Sovrintendente in carica Cecilia Gasdia), ha retto con coraggio e determinazione fino alla fine l’intera opera. Interessante l’ultima aria del finale “Sola, perduta abbandonata”.
Gaston Rivero (Des Grieux) dotato di squillo e buon volume è risultato affaticato nella resa della linea di canto del primo atto con una dizione che è risultata impastata e poco chiara. Si è tuttavia riscattato con vigore a partire dal secondo atto, quando, scaldati i motori, è riuscito ad essere molto più convincente.
Il libertino banchiere Geronte de Ravoir é Romano Dal Zovo: quasi gangster degli anni trenta, in doppio petto blu e borsalino in testa, sul fronte vocale in questo ruolo non ha purtroppo convinto totalmente. Ha avuto serate migliori dove è stato apprezzato maggiormente: evidente un continuo sforzo vocale che non gli ha permesso appieno di rendere il maturo pretendente di Manon.
Apprezzabile il resto del cast: Lescaut, Giorgio Caoduro; Edmondo, Andrea Giovannini; l’oste/Sergente degli Arceri, Giovanni Bellavia; un lampionaio/maestro di ballo, Bruno Lazzaretti; un comandante di marina, Alessandro Busi. Da segnalare il breve ma bellissimo intervento di Alessia Nadin nei panni di un musico nel quadro del madrigale.
Complimenti al Coro diretto da Vito Lombardi che, oltre all’impegno nella parte vocale, si è distinto per inaspettate doti attoriali che sono particolarmente richieste in questa fantasiosa regia.
Nel secondo cast Manon, Lescaut e Des Grieux saranno rispettivamente Francesca Tiburzi, Elia Fabbian e Sung Kyu Park.
Allestimento Fondazione Arena di Verona in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice (2011)
Direttore – Francesco Ivan Ciampa
Regia – Graham Vick (ripresa da Marina Bianchi)
Scene – Andrew Hays
Costumi – Kimm Kovac
Luci – Giuseppe Di Iorio
Movimenti scenici – Ron Howell (ripresi da Danilo Rubeca)
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Photo©Ennevi
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