Nuovo appuntamento dei ‘Piccoli Grandi eventi’ al Giovanni da Udine
Il 10 novembre 2023 si è tenuto il terzo incontro della rassegna Piccoli Grandi eventi’, voluta dalla direttrice artistica musica e danza Fiorenza Cedolins, che punta a proporre ad un pubblico numericamente ridotto, delle proposte di alta qualità.
In realtà di incontro in incontro l’affluenza aumenta e questo dimostra che le proposte di qualità vengono colte ed apprezzate, anche in quelle realtà nelle quali mancano certe consuetudini.
D’altro canto, però, è evidente che incontri di questo spessore, che coinvolgono Binaghi, Dall’Ongaro, in futuro Valerio Cappelli e Valentina Lo Surdo, riescono a prendere forma grazie al al carisma della padrona di casa, soprano dalla brillante carriera e dalla luminosa personalità, che con meritoria determinazione si impegna in una semina di passione ed entusiasmo che speriamo porti i suoi frutti.
Il tema erano i primo lavori di Puccini .
Oltretutto in questo modo si introduceva alla ‘Manon Lescaut’, presto in scena nell’allestimento proposto dal Verdi di Trieste, con la regia controversa di Guy Montavon e la bacchetta sensibile di Gianna Fratta.
Il punto di forza dell’incontro è stato Michele Dall’Ongaro.
Compositore, musicologo, conduttore radiofonico e televisivo, sovrintendente e presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Maestro ha tenuto in pugno per un’ora e mezza abbondante un pubblico eterogeneo, attento, mai annoiato e spesso divertito .
Accanto al relatore, un apprezzato trio formato dal pianista Marco Beretta, il soprano Silia Valente ed il tenore Jaebeon Park.
A loro è spettato un compito non semplice, perché dovevano inserirsi all’interno dei discorsi di Dall’Ongaro, facendo ascoltare le arie di cui il Maestro aveva parlato.
Ogni momento musicale veniva prima analizzato, alle volte quasi sezionato, si evidenziavano similitudini, struttura, riferimenti.
In questo modo gli interpreti si sentivano sicuramente sotto una lente di ingrandimento e questo certo non li ha tranquillizzati.
Sicuramente ha impedito il crearsi di quell’atmosfera di intesa con il pubblico che dopo un po’ prende forma in un concerto e per questo sono stati ancora più bravi a superare con successo la prova.
Jaebeon Park, coreano, si è trasferito in Italia da diversi anni ed ha maturato diverse partecipazioni a manifestazioni musicali interessanti .
Ha proposto tre arie e poi la serata si è conclusa con il duetto del primo atto di ‘La Boheme’: ‘O Soave Fanciulla’, eseguito nella sua interezza, anche con la parte cantata dietro le quinte., assieme alla collega Valente.
Ha iniziato con ‘Manon Lescaut’ : ‘Tra voi belle’, brano sempre ostico che ha saputo risolvere con abilità ed un ‘No! Pazzo son!’, dagli acuti opulenti.
E’ seguita una celebre pagina di ‘La Boheme’: ‘Che gelida manina’ cantata con appassionato trasporto.
Il tenore vanta uno squillo sicuro, un colore piacevole, una marcata sicurezza vocale, che però non gli impedisce, in qualche passaggio, di forzare la spinta, scelta che non sempre premia e che sicuramente non mette in evidenza il lavoro sulla parola, determinante nella poetica pucciniana.
Indubbia la tendenza a spingere in alcuni momenti, che non sempre premia, ma Park appare un cantante dalle notevoli potenzialità.
Oltretutto è evidente che una simile scelta potrebbe essere motivata dal contesto, dalla sensazione che altrimenti la voce non corresse abbastanza nella parte vuote del teatro o semplicemente da una più che comprensibile tensione. In ogni caso peccato veniale che non offusca le buone potenzialità
Silia Valente, ha un interessante colore brunito, che già nel 2019 la fece notare dalla Scuola dell’opera italiana Fiorenza Cedolins.Parrebbe migliorabile la dizione, perché alle volte emerge più l’attenzione al suono che alla parola, ma questo forse dipende anche dalla tensione del contesto.
La sensazione è che la sua voce possa trovare il terreno migliore nel repertorio verdiano, ma certamente le arie sono eseguite in modo adeguato e la cantante, che farebbe bene a lavorare sulla dizione che non sempre era apparsa nitida, riesce a coinvolgere la platea.
Il primo brano è ‘Se come voi’ da ‘Le Villi’, pezzo poco noto cui dall’Ongaro offre il giusto contesto ed anche una interessante chiave dilettura.
Il successivo è una grande aria, complessa vocalmente ed interpretativamente: ‘In quelle trine morbide’ da ‘Manon Lescaut’, risolta con sicurezza.
Si chiude con ‘La Boheme’: prima una piacevole ‘ Si , mi chiamano Mimì’ ed a chiudere il duetto con Park di cui si è scritto.
Non ci sono dubbi, però, che l’autentica star della serata sia stato Dall’Ongaro, peraltro gentilissimo sia con la pluriricordataCedolins, che con il trio di interpreti, coinvolti spesso in gag, battute, scambi di pianoforte, a creare una piacevole atmosfera informale.
La serata, dilatata nei tempi ma mai stancante o scontata, ha attraversato moltissimi argomenti, resi con garbo, linguaggio agile, interessanti riferimenti e collegamenti arditi.
Si è passati dalla gioventù di Puccini, scavezzacollo, al sofisticato significato di un do diesis di Beethoven, individuato e sacralizzato da Wagner secondo il quale quella nota segnava una tappa determinante della storia della musica.
Camminando per il palcoscenico, ha proposto testi interessanti, scritti da altri autori , dei quali ha esaltato la bravura; mostrato un raro video di Giacomo Puccini, attore,girato in America; proposto una registrazione di un’intervista , con ogni probabilità l’unica rimasta, al compositore ed alla consorte.
Ha spiegato come nella produzione pucciniana l’orchestra entri nella vicenda come un autentico personaggio, forse sull’influenza di Ferdinando Fontana, figura fondamentale, troppo poco valorizzata.
Determinante per il successo di Puccini, che in lui trovò quello che oggi definiremmo uno sponsor, Fontana teorizzò un cambio radicale della visione dell’opera che la drammaturgia fosse narrata dalla musica e non dalla storia.
Sicuramente questa idea colpì il compositore di Torre del Lago, nelle cui opere spesso ci sono tratti determinanti della storia che avvengono fuori dal palcoscenico. Esemplare in questo senso proprio ‘Manon Lescaut’ con tutte le storie che possiamo intuire, ma che non conosciamo, che accadono nell’intervallo temporale fra il primo ed il secondo atto.
Interessante lo svelare gli, ma anche mostrare come una idea musicale abbia attraversato tante partiture prima di vestire una forma che soddisfasse il compositore.
Dall’Ongaro ha mostrato i sempre meno ricorrenti, man mano che la carriera avanza, autoprestiti pucciniani ma anche spiegato, con una serie di ascolti, come esistano delle frasi musicale che ricorrono in più lavori, finchè Puccini non trova la giusta soluzione, quell’armonia cercata, cui non trovava la giusta forma.
Non si creda ad un incontro tropp dotto o paludato: c’è stato spazio per una grandinata di battute argute, un collegamento deflagrante, ma assolutamente dimostrato, fra Bobby Solo e ‘La Fanciulla del West’, fino a dimostrare, dopo tanta musica, il valore, rivoluzionario e poetico, ì il valore del silenzio.
Serata riuscitissima, premiata da applausi per tutti, particolarmente convinti per Dall’Ongaro, che ha chiuso la serata stringendo le mani ai presenti entusiasti.
Gianluca Macovez
Info
PICCOLI GRANDI EVENTI
TUTTO PUCCINI. GLI ESORDI DI UN GENIO
Conferenza concerto
Relatore MICHELE DALL’ONGARO
Soprano SILIA VALENTE
Tenore JAEBEOM PARK
Pianoforte MARCO BERETTA
Teatro Giovanni da Udine, 10 novembre 2023