Tutti dovrebbero sapere che cantare e suonare è facile!
Tutto parte dalle vocali
Tra tutte le credenze popolari vi è quella che suonare è difficile, è una cosa per cui bisogna essere portati, bisogna incominciare da piccoli, sono stonato, non ho tempo, e altri appigli a cui aggrapparsi, pur di non provare a cantare o suonare uno strumento musicale , per non esporsi e fare “brutte figure”.
Questo dimostra l’importanza ed il rispetto che nell’immaginario collettivo rappresenta la possibilità di far emergere il bello che è in noi, attraverso quel linguaggio comune a tutti che è la musica.
Tendenzialmente tutti pensano che una persona che canta o suona, si deve esibire per dimostrare di essere spettacolare, non è necessario essere ne competitivi ne eccezionali in musica, si può suonare o fare musica in compagnia, anche per il solo piacere di suonare, per conoscere musica scritta, come leggere un libro, per il proprio diletto e piacere.
Tutti riconoscono l’importanza della musica nella propria vita, perché tutti sono in possesso di uno strumento musicale, quale è la voce, adoperata soprattutto per parlare, ed è naturale pensare che la voce serva per “pronunciare” parole e non per “cantare”, ma la differenza è poca, per parlare adoperiamo le vocali le quali sono “suoni” che emettiamo quando parliamo, adoperiamo le vocali per “cantare” la parola e dargli significato, ed è per questo che tutti capiscono il linguaggio musicale, perché parlando “suoniamo”.
La differenza tra la vocale pronunciata o cantata, fondamentalmente è dovuta alla sua durata, se proviamo a pronunciare una vocale allungandone la durata e assecondandone una vibrazione regolare e costante, si produce una nota musicale, gli strumenti musicali di tutte le forme e famiglia sono stati inventati per produrre le nostre “note vocali”, per questo lo strumento più “bello” è quello che si avvicina di più alla nostra voce.
Molti pensano che bisogna imparare ad intonare un suono, convinti che i suoni appartengono agli strumenti musicali, non è così!, il suono siamo noi e sono gli strumenti che imitano la nostra voce.
Ogni nostra vocale possiede una sua intonazione e sonorità, che nessuno strumento può riprodurre fedelmente, ma che può “imitare” il suono delle nostre vocali “naturali”, cioè quei suoni che normalmente riusciamo a produrre senza costrizioni muscolari, che ne modificano la sonorità normale o tranquilla, o che modificano l’intonazione e l’estetica acustica.
Per estetica delle vocali si intende l’emissione libera e “costante” del suono di una vocale, completa dei suoi specifici suoni armonici, che si sviluppano nelle nostre cavità, quando sosteniamo una vocale lunga, con il dovuto controllo della respirazione, cioè inspirando precedentemente l’aria sufficiente a finire la nota o la frase che si vuole cantare, se prendiamo poca aria bisogna interrompere la frase per prendere altra aria e finire la frase, provocando una situazione poco musicale, così come quando parliamo, istintivamente inspiriamo aria a sufficienza per finire la frase, se vogliamo farci sentire da lontano prendiamo molta più aria e sforziamo i muscoli per mantenere una sonorità più sostenuta di volume, analogamente quando si suona uno strumento musicale, anche se non si usa la voce, l’abitudine al controllo della respirazione rende il discorso musicale più fluido e comprensibile.
La specifica intonazione delle nostre vocali, subisce la continua modifica sia nel linguaggio che nel canto, ma mentre parlando diventa caratterizzante della nostra voce e del nostro modo di parlare, nel canto si possono evidenziare delle dissonanze e distorsioni , se pronunciamo tutte le vocali sempre con la stessa intonazione, ci accorgiamo che nella pronuncia “mono tono” solo una vocale è “normale” le altre vocali assumono caratteristiche sonore diverse rispetto alla legittima sonorità della specifica vocale, risultando dove più povere di sonorità, dove più aspre di timbro, o difficili da sostenere, come nel caso in cui si vuole intonare la nostra specifica “settima” cioè un semitono sotto la nostra nota “fondamentale”, quali il SI naturale per le persone accordate in DO, il DO# per le persone accordate in RE ed il FA# per le persone accordate il SOL, in questi casi oltre a non riuscire ad intonarla bene, producendo un suono lungo della nota di settima, si evidenzia un “dondolamento” dell’intensità, dovuto all’istintivo tentativo di aggiustamento dell’intonazione, che però non ha modo di riuscire perché è dissonante rispetto al nostro suono fondamentale, perché due suoni a distanza di “semitono” suonati insieme sono dissonanti.
Se proviamo a cantare una “nota” partendo da ogni nostra vocale, utilizzando la naturale intonazione della nostra voce, ci rendiamo conto che le varie vocali stimolano ad un canto diverso, a cui è possibile attribuire una diversa astratta identità, se inventiamo un canto corto partendo dalla “A” e poi ripetiamo il canto utilizzando le “E” possiamo notare come la vibrazione dal torace si sposta verso il cranio, modificandone il timbro ed il volume, continuando con le altre vocali si arriva a far vibrare il cranio con la “U”, si può notare come ogni vocale cambi carattere emotivo al canto, imprimendo un significato radicato nelle nostre emozioni, che ne estrapola un significato a cui possiamo dare un senso specifico.
Ogni vocale è condizionata dalla diversa posizione di tutto l’apparato fonatorio, ma oltre all’aspetto fisico tecnico, ad ogni vocale attribuiamo un significato specifico, come quando ridiamo o sentiamo ridere una persona in base alla vocale utilizzata per ridere, attribuiamo loro un personale significato che ci indica molto della personalità di chi ride, per stimolare la fantasia acustica basta scrivere: ah ah ah, eh eh eh, ih ih ih, oh oh oh, uh uh uh, leggendo i vari gruppetti di vocali, sentiamo dentro di noi quel modo di ridere, attribuito a diverse situazioni e diverse personalità nascoste dietro ogni vocale.
Questo indica che ogni persona coscientemente partendo dal suono di una propria vocale, può attingere tra i suoni a cui sono legate le personali sensazioni ed emozioni, manifesti tramite il suono di una propria vocale, a cui coscientemente e legittimamente ognuno attribuire un significato proprio.
La coscienza che le vocali sono il suono della voce, non bastano per cantare, per muovere una melodia è necessario dare un ritmo, nel linguaggio verbale il ritmo è scandito dalla successione di specifiche parole, le quali a loro volta sono scandite tramite le “con-sonanti” con le quali nella parola si delimita la lunghezza della vocale.
Il linguaggio musicale essendo realizzato con il solo uso del suono delle nostre vocali, sostituisce la funzione delle consonanti verbali con il “silenzio” cioè le pause che delimitano il suono, le quali nella successione rendono evidente il discorso del canto, e mentre nel linguaggio parlato le consonanti non possono essere allungate e accorciate, essendo per loro natura un effetto “corto” di “timbro”, nel linguaggio musicale la funzione della pausa rende modulabile e quindi espressiva e anche la distanza tra i suoni.
Se proviamo a pronunciare una frase a bocca chiusa, possiamo notare come se ne evidenziano solo le vocali, da cui ne scaturisce una melodia ritmata, priva di quel significato insito alla parola nell’insieme, ma che ne estrapola una melodia che ne rimane fedele, da cui con istintivo senso di ritmo e di ripetizione è possibile che poche frasi verbali possano essere traccia sonora e ritmica di una intera composizione musicale.
Per sapere il nome delle note musicali corrispondenti delle nostre vocali e cantare nella tonalità a noi più “consona”, o provare soddisfazione suonandole su uno strumento musicale, bisogna fare riferimento agli strumenti in cui amplifichiamo i suoni, che sono il torace ed il cranio, da questi possiamo misurare i nostri tre suoni fondamentali, la nostra nota più bassa chiamata “tonica” rilevata della risonanza del torace senza aria , la “terza” ottenuta dalla misurazione della risonanza del cranio, e la quinta dalla misurazione della risonanza del torace completamente pieno di aria, con questi tre suoni possiamo definire la nostra ” tonalità” e identificare tutti gli altri suoni con cui abbiamo confidenza.
Conoscere il nome dei nostri suoni ci mette in condizione di possedere una coscienza musicale con cui cantare e suonare più disinvolti e con maggior sicurezza, essendo i suoni che produciamo quando parliamo, mentre se cantiamo in altre tonalità il suono della nostra voce si deforma e ne perde di senso estetico, come se parlassimo in una lingua sconosciuta.
A questo è legata nella nostra memoria l’intonazione di un canto interiore, se proviamo a pensare una frase musicale priva di parole e poi la scriviamo, ci accorgiamo che riusciamo a pensare la musica prevalentemente nella nostra tonalità, evidenziando come le note misurabili sul nostro corpo siano “tonali” per il nostro canto interiore.
Le tonalità conosciute e praticate nella musica occidentale sono ventiquattro, dodici maggiori e dodici minori, le tonalità che invece ho rilevato misurando le persone si fermano a sei, tre tonalità maggiore e tre tonalità minore, cioè le tonalità di DO- RE-SOL maggiore e minore, gli strumenti più usati per fare musica sono costruiti principalmente con la sonorità di queste sei tonalità, per cui se tutte le persone abbinando bene la propria sonorità e quella di uno strumento, hanno la possibilità di riconoscerne la sonorità e di trovare uno strumento che gli permette di esprimere la propria musica fedelmente e facilmente.
Per imparare a leggere e cantare le sette note usate in musica, non è necessario pensare di impegnare anni, basterebbe imparare una nota al giorno scrivendo le note con lo stesso nome in tutte le posizioni sul pentagramma, cantarle e intonarle anche a bocca chiusa, controllando l’intonazione sul pianoforte, o su strumenti dove non sia necessaria una certa esperienza di pratica, e per assurdo in una settimana si imparano tutte le note scritte e cantate, che sono le cose più importanti della musica come in ogni linguaggio, cioè la scrittura e la pronuncia dell’intero alfabeto.
Le note della musica sono solo 7, le quali si possono alzare e abbassare di un gradino usando il segno # diesis o b bemolle, ma nonostante tutto si arriva a 12, rispetto all’alfabeto di una qualsiasi lingua, appare sufficientemente ridotto, nonostante sia l’alfabeto con cui si “cantano” tutte le lingue.
Carmelo Gaudino