Simone Piazzola si sta imponendo sui palcoscenici di tutto il mondo come miglior baritono verdiano e non solo. Maurizio Parisi e Alessandro Ceccarini lo hanno raggiunto allo Staatsopera di Amburgo per un’interessante intervista esclusiva.
di Maurizio Parisi e Alessandro Ceccarini
Spesso il baritono nell’opera è il cattivo, il protagonista che rompe l’incanto tra il tenore e il soprano. Com’è fare sempre il “guastafeste” nelle opere?
Il ruolo del baritono per fortuna non è sempre del “guastafeste”. In ogni caso credo che sia importante cercare sempre, anche nei ruoli più “cattivi”, il lato umano del personaggio e capire le motivazioni che hanno portato alla sua creazione. Per questo motivo studio sempre il lato psicologico del personaggio.
E’ più semplice, interpretativamente parlando, fare il brillante tramatore di storie come Figaro oppure guerreggiare cavallerescamente come il Conte di Luna?
Il Ruolo di Figaro non l’ho mai interpretato, non fa parte del mio repertorio. Mi trovo invece a mio agio nel repertorio verdiano; come appunto nel ruolo del Conte di Luna dove, sia vocalmente che interpretativamente, c’è bisogno di molta concentrazione.
La sua carriera l’ha portata a esibirsi in tantissimi grandi teatri in tutto il mondo. Cosa significa nascere a Verona dove esiste uno dei templi della lirica internazionale come l’Arena?
Io sono orgoglioso di essere veronese e soprattutto Dossobuonese, il mio paese è molto tranquillo, bello e sereno. Consiglio a tutti di visitarlo quando si passa per Verona. Detto questo il mio sogno fin da piccolo è sempre stato di poter calcare il palco dell’Arena; fantasticavo ogni volta che ci andavo ed immaginavo di essere al posto di uno dei cantanti. Anche al Teatro Filarmonico è favoloso cantare. Ringraziando Dio il mio sogno di esibirmi in questi due templi della lirica si è avverato, regalandomi grandi soddisfazioni. Poi giocando in casa sono circondato dai miei compaesani e dagli amici che mi apprezzano ed incoraggiano.
C’è un’opera che sogna di interpretare in Arena?
In Arena ho avuto possibilità di affrontare diversi ruoli importanti. Ho cantato al Gala Verdiano assieme ad altri nomi prestigiosi della lirica e partecipato al Gala Plácido Domingo. Quest’anno canterò uno dei ruoli che mi ha portato tanta fortuna, Giorgio Germont ne La Traviata di Giuseppe Verdi; con queste tre recite saranno 176 le performance che ho eseguito di questo magnifico ruolo, che mi ha dato tante soddisfazioni. Ma ritornando alla domanda, il mio desiderio più grande sarebbe di poter cantare nella mia amata Arena il ruolo di Simon Boccanegra.
Perché ama così tanto il Simon Boccanegra?
È un ruolo che mi ha dato grandi soddisfazioni quando l’ho cantato sia alla Fenice di Venezia che in tournée con il teatro alla Scala di Milano. E’ un personaggio umano, pieno di valori. Bisogna scavare in profondità nella psicologia del ruolo, ma anche nel proprio vissuto. Per affrontare ad esempio la scena della morte di Simone, ho cercato di trasportare nella mia interpretazione quel dolore provato vivendo gli ultimi istanti accanto a mia madre. In quel momento ho preso coscienza di che cosa fosse davvero la morte. Quindi tutto il merito del mio successo in quel ruolo lo devo alla mia adorata madre.
Le nuove generazioni di ragazzi spesso sono lontane dal mondo della lirica perché da quando nascono ascoltano altra musica. Quale musica ascoltava il piccolo Piazzola e come era vista in casa sua la lirica?
Io da piccolo ascoltavo quasi sempre opere complete oppure arie interpretate da Mario del Monaco, Renato Bruson, Bastianini e altri. Il mio amore, fin dalla più tenera età, è stato solo ed esclusivamente per l’opera. Me ne sono innamorato per pura casualità a tre anni. Ero un bambino parecchio irrequieto; un giorno mia madre mi prese in braccio per farmi calmare e in tv davano un programma dove riproponevano degli spezzoni di programmi televisivi. In quell’istante sentii Del Monaco che cantava “Un amore così grande” e mi calmai immediatamente. Ancora oggi la voce di Mario ha su di me lo stesso effetto calmante.
Qual è stato il ruolo ad esempio di sua madre nella sua educazione musicale?
Mia madre, le mie sorelle e mio fratello sono e sono stati fondamentali per me. Mia madre è stata la mia più grande fan. Anche quando molti denigravano il mio desiderio di fare questo mestiere, mi dava la forza di continuare a studiare perché lei era sicura che ci sarei riuscito. Ripeto, devo tutto a lei e alla mia famiglia perché se avessi ascoltato altri pareri probabilmente ora non sarei qui con te a parlare della mia carriera.
Il valore dell’amicizia. Sono importanti gli amici a questo mondo?
Gli amici sono molto importanti, anche se io nella mia vita ne ho veramente pochissimi, almeno quelli che posso definire amici con la A maiuscola. I miei primi veri amici sono la mia famiglia.
Nella lirica esistono amicizie sincere?
Nella lirica si possono fare tante belle conoscenze.
E’ un ambiente molto competitivo o è possibile avere anche amicizie importanti?
Personalmente cerco di fare bene il mio lavoro e di non e avere problemi con nessun collega.
Chi considera il suo migliore amico in ambito musicale?
Giacomo Prestia e Giuseppe Vaccaro sono i miei migliori amici sia in ambito musicale che nella vita. Con loro c’è uno stretto legame e mi sento al sicuro; posso parlare e chiedere tutti i consigli possibili in ambito lavorativo e personale. Giacomo oltre a essere il mio insegnante lo vedo anche come una figura paterna che mi aiuta a superare i momenti difficili. Poi c’è l’amico di una vita, il mio compagno di avventure fin da quando eravamo piccoli: Stefano Zanetti.
Le amicizie dell’infanzia spesso si portano con noi per tutta la vita. Il nome Stefano Zanetti le dice qualcosa?
Come ti dicevo prima, lui è il mio amico di sempre; possiamo non vederci per molto tempo a causa dei miei impegni lavorativi, ma appena ci incontriamo è tutto come quando ci siamo visti l’ultima volta. Poi è un fantastico pizzaiolo e non posso fare a meno della sua pizza! Ci conosciamo dai tempi dell’asilo ma la nostra amicizia è cresciuta in età adolescenziale; come tutti gli amici veri litighiamo, perché credo che se l’amicizia è vera si debba sempre essere sinceri per poi far pace chiaramente.
Oltre agli amici ci sono i collaboratori. Molti grandi cantanti ne hanno avuti e ne hanno al loro fianco. Per lei una persona molto importante in tal senso è il maestro Giuseppe Vaccaro. Fate spesso musica insieme?
È un pianista eccezionale, un preparatore musicale incredibile e un amico; ora sta iniziando anche una bella carriera di direttore d’orchestra. Con lui sono certo che ogni ruolo è preparato alla perfezione dal punto di vista musicale.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Prossimamente mi dirigerà con Carmen Giannattasio, Luciano Ganci e Giacomo Prestia in un Gala lirico in un dei parchi più belli d’Europa, Il parco giardino Sigurtà. Poi faremo insieme la riapertura del Teatro Sociale di Mantova ed infine mi accompagnerà al pianoforte in alcuni recital.
Nella sua carriera ha ricevuto molti riconoscimenti tra cui il Premio Bastianini a Sirmione nel 2017. Cosa significa per un baritono la figura di Bastianini?
Bastianini, così come Renato Bruson e Cappuccilli, è un punto di riferimento per la mia carriera, una voce baciata da Dio. Sempre elegante in ogni ruolo che cantava, la sua morte precoce è stata una grande perdita per il mondo della lirica; chi lo ha conosciuto racconta di una persona eccezionale e di gran cuore.
(parla Alessandro) Mio padre Giancarlo è sempre stato attratto dalla figura di Bastianini, mi ha sempre detto che anche per lui il Premio Bastianini è stato una grande emozione. Pensa che le nuove generazioni di cantanti debbano interessarsi di più per far conoscere le voci del passato? Una sorta di passaggio del testimone con chi ci ha preceduto?
Credo che sia molto importante conoscere l’opera del passato per tramandare tutto quello che di eccezionale è stato fatto. Attraverso il passato possiamo migliorarci e avere sempre il medesimo obbiettivo: la perfezione.
Ha la gioia di essere seguito da un sapiente del canto lirico, un cantante che ha dimostrato con la sua importante carriera le sue capacità di artista: il basso Giacomo Prestia. Da quanto vi conoscete?
Ci conosciamo dal 2008 circa e averlo incontrato mi ha aperto un mondo nuovo. E’ un vero basso, forse uno degli ultimi veri bassi ancora in carriera. Per me è una leggenda, ed è tutt’ora in una forma vocale eccezionale.
Vi confrontate sulla vocalità e sui personaggi che deve interpretare?
È il mio maestro di canto quindi quello che mi dice per me è legge. Prima di accettare qualsiasi ruolo nuovo mi confronto con lui e se mi dice che non fa per me lo ascolto sempre. La mia fiducia nei suoi confronti è totale.
Come affrontate insieme lo studio?
Quando ci incontriamo rivediamo la tecnica, prima sui vocalizzi e poi sui ruoli che devo affrontare. E’ molto severo e non mi lascia passare nemmeno una nota sbagliata. Questo è importante perché solo così il miglioramento può essere continuo e graduale.
E’ importante studiare?
Studiare è la cosa più importante per mantenere una carriera lunga e sana.
Quanto si deve studiare?
Sempre, fino all’ultima recita della carriera
Interpretare un ruolo va spesso oltre lo studio della vocalità. Quanto lavoro c’è dietro ogni personaggio?
Mesi e mesi di studio con il maestro e con il preparatore di spartito. Studiare la storia, per avere un’idea di base del personaggio, studiare musicalmente alla perfezione e poi cominciare con l’approfondimento psicologico e il fraseggio.
I suoi impegni futuri?
Sarò alla StaatsOper di Vienna per Aida, Traviata in Arena e poi debutterò nel Pirata al Teatro Real di Madrid e altri impegni che per scaramanzia vi dirò in futuro.
I suoi sogni nel cassetto?
Vivere sereno con la mia compagna, mio figlio e Federico; lavorare sempre mantenendo un buon standard vocale e avere sempre una buona salute per me e per tutta la mia famiglia per cercare di essere una persona migliore.
Grazie per il tempo che ci ha dedicato e in bocca al lupo per il futuro!