Turandot – Arena di Verona 8/06/2024

 

Turandot di G. Puccini apre il Festival Lirico dell’Arena di Verona 2024.

 

Dopo il successo in mondovisione della sera prima (7 giugno) in cui si sono esibiti diversi artisti tra cui Jonas Kauffman, Jessica Pratt, Vittorio Grigolo, Ludovic Tézier, Luca Salsi, Juan Diego Flórez ed altri, i due direttori d’orchestra, tra cui Riccardo Muti nella prima parte e Francesco Ivan Ciampa nella seconda, che hanno diretto un’ampia formazione comprendente l’orchestra della Fondazione Arena di Verona unita a musicisti provenienti da enti lirici italiani, affiancati da un Coro composto da oltre trecento elementi, per festeggiare l’Opera lirica italiana Patrimonio dell’umanità , dando il via al centunesimo Opera Festival dell’Arena di Verona e omaggiando Giacomo Puccini nel centenario della morte.

Proprio con la sua ultima fatica, Turandot, e le bellissime ed abbaglianti scenografie di Franco Zeffirelli, i costumi di Emi Wada e  i movimenti coreografici di Maria Grazia Garofali, prende il via il Festival con la prima rappresentazione in cartellone. L’Arena è stracolma in ogni parte, con un parterre delle grandi occasioni in platea e aria di festa che fanno da cornice all’anfiteatro scaligero.

In questa prima serata sul palcoscenico un cast internazionale: da Ekaterina Semenchuk nei panni della Principessa Turandot, Liú affidata a Mariangela Sicilia, Calaf  è Yusif Eyvazof, Riccardo Fassi nei panni di Timur, Ping, Pong e Pang rispettivamente Youngjun Park, Matteo Macchioni e Riccardo Rados, l’Imperatore è Carlo Bosio, che ha sostituito il previsto Pietro Giuliacci, un Mandarino Hao Tian e il Principe di Persia Eder Vincenzi.

Tra la sfarzosa scenografia gli artisti si muovono bene sul palcoscenico, con temperamento e qualche incertezza vocale. Tra loro la Turandot di Ekaterina Semenchuk, mezzosoprano che in questa serata è in veste di soprano, incarna il gelo della principessa ma anche l’abbandono all’amore sul finale dell’opera. C’è da dire, comunque, che per l’intera esecuzione il timbro mezzosopranile ha evidenziato problematiche nella zona acuta della voce  che è risultata affaticata ed ha reso la parte sottotono. Già all’ingresso in scena con “In questa Reggia” l’esecuzione è piatta e quasi inespressiva. E’ mancata, quindi, l’incisività che la parte richiede.

Yusif Eyvazof, Calaf, non è nuovo in questo ruolo. Il suo Calaf è impetuoso non risparmiandosi per l’intera opera ed esaltando il pubblico nella famosa aria “Nessun Dorma”, ma anche nella scena degli enigmi, mostrando buona arte scenica e interpretazione, ma si notano diversi momenti in cui il tenore ha difficoltà a sentire l’orchestra, portando la mano all’orecchio per convogliare i suoni orchestrali. Si è notato anche come, per interpretare, in molti casi la ritmica pucciniana ne ha sofferto, facendola diventare molto personale. Vocalmente si sente troppo spesso una apertura delle vocali nella zona centrale della voce che stride con la zona acuta.

Lodi invece a Riccardo Fassi che regala un’interpretazione di alto livello. La sua voce robusta e rotonda ben si sposa con la parte del padre di Liú, così come Carlo Bosio che, dall’alto del trono, interpreta con giusta austerità l’Imperatore.

Bene i tre ministri Ping, Pong e Pang rispettivamente Youngjun Park, Matteo Macchioni e Riccardo Rados : la loro funzione è precisa, sottolineano gli avvenimenti e fungono da portatori dei pensieri e dei sentimenti collettivi, proprio come accadeva nelle tragedie greche in cui questo compito era affidato al coro. L’insieme c’è, le parti sono ben definite, dove spicca la diplomazia di Ping, l’animo spiritoso di Pong e l’emotività di Pang. Sono fedeli al ruolo di consiglieri di Calaf ma allo stesso tempo portano quel giusto scompiglio e movimento alla storia.  Il risultato è gradevole.

Mariangela Sicilia affascina con la sua Liú ricca di sfumature e sottigliezze apprezzate dal pubblico. La voce reagisce alle intenzioni interpretative spiccando in “Tu che di gel sei cinta”. Non passano inosservati i filati con cui Mariangela Sicilia cesella la sua Liu’ con pianissimi tenuti di magistrale esecuzione. È lei a strappare al pubblico le ovazioni più fragorose.

L’Orchestra della Fondazione Arena di Verona  è diretta da Michele Spotti, giovane e promettente Direttore e nuova leva nel panorama musicale internazionale, che si dimostra un buon domatore di orchestre, tanto che, tenendo molto sotto controllo il grande organico areniano, è mancata quella potenza di cui l’opera pucciniana è intrisa. Il risultato è quindi anch’esso sottotono e un po’ altalenante. Da segnalare però l’estrema attenzione nel dirigere tutti gli attori presenti in buca e sul palcoscenico. Sicuramente in futuro si potranno apprezzare di più le sue doti.

Il Coro della Fondazione Arena di Verona,  istruito da Roberto Gabbiani, è in ottima forma, come sempre, così come il Coro di voci bianche A.d’A.Mus diretto da Elisabetta Zucca.

Nel complesso, la serata ha evidenziato quindi interpretazioni discontinue, che ci hanno lasciati un po’ con l’amaro in bocca. Nonostante le criticità riscontrate, è auspicabile un miglioramento nelle prossime rappresentazioni, con la certezza che le prossime voci in cartellone sapranno regalare al pubblico momenti indimenticabili.

 

Salvatore Margarone

La recensione si riferisce alla première – 8 giugno 2024

Photo©ENNEVI

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