Verona: la maestria di Cimarosa e le verità di Puccini.

Il Maestro di Cappella e Gianni Schicchi chiudono la prima parte della stagione lirica al Filarmonico di Verona.

Con il Maestro di Cappella di D. Cimarosa e Gianni Schicchi di G. Puccini al Teatro Filarmonico di Verona un pomeriggio spensierato e divertente ha mitigato, per il pubblico presente, la tristezza di una ennesima domenica uggiosa e piovosa.

L’Intermezzo buffo di Cimarosa, purtroppo di rara esecuzione, è una chicca del repertorio operistico settecentesco. Per il suo solitario personaggio, il Maestro di Cappella appunto, Michele Olcese ha allestito un’unica scena, ambientata in un salotto in perfetto stile barocco, dove non si è esibito però il solo personaggio principale ma addirittura parte dell’Orchestra del Teatro Filarmonico, impegnata nelle prove della nuova partitura del Maestro. Cura dei dettagli, dei fraseggi, dei movimenti scenici e della prassi esecutiva barocca in questa messa in scena di un gioiello della storia della musica ingiustamente spesso messo da parte.

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Cimarosa fu compositore raffinatissimo,  e con melodie limpide, nel secondo settecento napoletano, fece dell’Intermezzo piccole perle di sapienza compositiva e celebrata eleganza di stile. In questa domenica pomeriggio 19 Maggio 2019, sia l’Orchestra che l’interprete principale , Alessandro Luongo, sono stati perfettamente a loro agio sul palcoscenico, divertendosi e divertendo a loro volta anche il pubblico in sala.

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Tutto è al posto giusto: la scena una bella sala nobiliare ricca e sfarzosa, arricchita da Paolo Mazzon che ha ricreato con le luci un’ambientazione d’altri tempi, e gli abiti, ideati da di Silvia Bonetti, coloratissimi, arricchiti da ingombranti parrucche settecentesche. Il tutto contornato da movimenti scenici affidati a ballerini coordinati da Luca Condello che, a passo di danza, ne hanno arricchito la coreografia.

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La regia di Martina Bianchi è semplice, senza aggiungere e sovraccaricare la narrazione che di per sé è costruita in maniera intelligente. Completano la messa in scena il direttore Alessandro Bonato, che con piglio divertito ha dovuto suo malgrado sottostare alle indicazioni del “Maestro di Cappella”.

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Il pomeriggio è proseguito nel nome di Giacomo Puccini e il suo Gianni Schicchi.

Esilarante e quanto mai attuale per la tematica, l’opera pucciniana continua sulla scia leggiadra della precedente. L’allestimento è quello del Teatro Regio di Torino con le scene di Saverio Santoliquido e i costumi di Laura Viglione. La regia di Vittorio Borrelli e ripresa da Matteo Anselmi, è funzionale, pulita e ben strutturata. Certo in questo caso  gli attori/cantanti sono stati di fondamentale importanza per la bravura con la quale hanno saputo interpretare ognuno il proprio personaggio.  Gianni Schicchi è stato il bravissimo Alessandro Luongo, che ne ha dato una lettura chiara, sicura e ben controllata. Vocalmente il ruolo gli è calzato a pennello e ha trovato sin da subito il suo centro sul palcoscenico, dominandolo dall’inizio alla fine.

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Non da meno Lauretta, (sua figlia), interpretata da Barbara Massaro che, dopo qualche piccola incertezza iniziale, ha sfoggiato bei filati e colori vocali specialmente nella famosissima aria del repertorio operistico: “O mio babbino caro”.

Riempiono letteralmente il palcoscenico i cinici parenti del buon vecchio Buoso passato a miglior vita, e per il quale scoppia la diatriba sull’eredità. Bravissima la vecchia Zita, interpretata da Rossana Rinaldi, sia scenicamente che vocalmente, senza alcun momento di cedimento nel ruolo,  approfittatrice cugina di Buoso che cerca di corrompere, al pari dei suoi parenti,  Gianni Schicchi nella messa in scena del finto testamento.

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Altrettanto brava Nella, moglie di Gherardo, interpretata da Elisabetta Zizzo. Nel comparto maschile si sono avvicendati tra questi personaggi Giovanni Sala, nei panni di Rinuccio, l’innamorato tontolone di Lauretta; Ugo Tarquini, in Gherardo (nipote di Buoso);  il bravissimo Dario Giorgelè nei panni di Betto di Signa, il cognato più povero del buon Buoso;  Mario Luperi nelle vesti di Simone, cugino di Buoso;  Roberto Accurso in Marco, suo figlio;  Alice Marini nei panni di sua moglie La Ciesca; e per finire i due testimoni del finto testamento, Maurizio Pantò , Pinellino; Guccio interpretato da Nicolò Rigano e Alessandro Busi nei panni di Maestro Spinelloccio – Ser Amantio di Nicolao.

Il pubblico soddisfatto e divertito ha salutato calorosamente gli interpreti alla fine dello spettacolo, decretandone così il successo pieno.

Il Teatro Filarmonico di Verona riaprirà i battenti per il proseguo della stagione lirica ad Ottobre, con un’altra pietra miliare dell’opera settecentesca di D. Cimarosa, Il Matrimonio Segreto. Nel frattempo ci godremo gli eventi estivi in programma all’Arena di Verona, a partire dal 21 giugno, con La Traviata di G. Verdi nel nuovo allestimento di Franco Zeffirelli.

Salvatore Margarone

 

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Photo©ENNEVI

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