Anna Bolena di G. Donizetti ritorna al Teatro Filarmonico di Verona dopo undici anni. La messa in scena di Graham Vick, che aveva debuttato proprio in questo teatro nel 2007, non sembra accusare il tempo che passa. Il folto pubblico intervenuto alla prima del 29 aprile 2018 ha accolto favorevolmente, ancora una volta, questa produzione ed il cast proposto.
di Salvatore Margarone
In sintesi la storia:
Il re Enrico VIII è sposato con Anna Bolena, ma è innamorato della damigella Giovanna Seymour.
Anna viene convinta dal fratello – Lord Rochefort – a incontrare Riccardo Percy, suo antico amore abbandonato per Enrico, da poco tornato a Londra dal suo esilio. Lo scopo è di rasserenarlo e impedire che commetta qualche pazzia guidato dall’amore per Anna. Enrico sa che Anna e Percy provano ancora dei sentimenti reciproci e ne approfitta per accusare la moglie di tradimento, ripudiarla e poter così sposare Giovanna. Viene coinvolto casualmente anche Smeton, paggio segretamente innamorato di Anna. Lui confessa mentendo che Anna ha tradito il re, dietro la falsa promessa di Enrico di risparmiare la vita ad Anna. Giovanna – seppur travolta dai sensi di colpa per aver messo in moto involontariamente il complotto ai danni di Anna – diventa la nuova regina. Rochefort e Percy rifiutano la grazia del re, se non può usufruirne anche Anna. Ormai uscita di senno, Anna Bolena viene condannata a morte insieme a Smeton, Rochefort e Percy accusati di aver preso parte al tradimento.
E’ l’opera che dà l’inizio alla Trilogia Tudor, a cui seguiranno Maria Stuarda e Roberto Devereux, con cui Donizetti comincia a mettere in musica le trame, gli intrighi, i sotterfugi della corte inglese.
Graham Vick aveva pensato bene a questa messa in scena, tanto da curarne i minimi dettagli, i riferimenti, le allusioni. Tutto rientra nel quadro scenico del Filarmonico con perfetta sintonia al libretto sapientemente scritto da Felice Romani.
Nella sua semplicità, la scenografia, tetra e scura, è essenzialmente composta di due passerelle rotanti una sull’altra che muovono i personaggi nelle varie stanze del Palazzo di Enrico VIII, la Sala del Consiglio, le Carceri della Torre di Londra. Tutto “ruota” attorno alla figura di Anna Bolena, fragile e remissiva al cospetto del Re, e consapevole dell’intrigo alla sua corona, che la cede a Lady Seymour che salirà al trono al suo posto.
Nel contempo, i tanti riferimenti storici, i simboli, fanno si che la mente dell’ascoltatore ripercorra quelle trame oscure: dalle mogli di Enrico VIII (all’inizio dell’opera durante la sinfonia), la grande spada (durante il Consiglio dei Giudici), i Cavalli (fine primo atto), dorato quello del Re ed argenteo quello di Anna Bolena. Belli anche i costumi curati da Paul Brown, per alcuni scomodi ed ingombranti al punto giusto come all’epoca, ricchi di colori sgargianti e di ottima fattura completano degnamente la cornice dell’opera.
Anche se un po’ impacciato all’inizio, il cast è stato all’altezza della situazione, a partire da Irina Lungu nei panni di Anna Bolena: la sua voce è sempre cristallina, anche se sta scurendo verso un timbro più lirico. Spicca maggiormente nel secondo atto e soprattutto nella scena finale dell’opera, dove grazie a interpretazione e tecnica vocale riscuote un meritato successo con lunghi applausi.
Stessa cosa dicasi per l’Enrico VIII di Mirco Palazzi, dal timbro omogeneo e corposo, è stato abile a nell’affrontare gli impervi passaggi del suo ruolo, oltre ad aver sangue freddo e prontezza in alcuni piccoli vuoti di memoria del testo, ma dimostrando così umanità e grandissima professionalità.
Romano Dal Zovo è Lord Rochefort: la voce è bella, tuttavia altalenante nell’emissione: in alcuni momenti spoggiato, in altri sforzato. Peccato, si riscatterà nelle prossime recite.
Sostituita all’ultimo minuto Martina Belli da Manuela Custer per il ruolo di Smeton: cosa dire di lei, grande artista e grande voce! Si destreggia baldanzosa sul palcoscenico nei panni del paggio innamorato. Brava!
Molto bene anche la Giovanna di Annalisa Stroppa: dopo averla sentita a Genova in Adalgisa (Norma) non delude nemmeno in questo ruolo, tanto impervio quanto delicato. Si è destreggiata da grande professionista, esibendosi pur se indisposta da un malanno di stagione, riuscendo a mettere comunque a fuoco ogni singola nota della sua parte. Fragile e scaltra la sua Lady, ottima performance.
Lord Riccardo di Percy è Antonino Siragusa. Il tenore siciliano mantiene intatto il suo strumento vocale per brillantezza e freschezza. Solo qualche strozzatura sull’ultimo sovracuto e qualche portamento di troppo quello che gli si può ascrivere oltre ad una maggiore cura nel fraseggio dei recitativi, diversamente sarebbe stato senz’altro sul podio dei migliori della serata.
Completa il cast Nicola Pamio, nei panni di Sir Harvey.
Buona, anche se in alcuni punti discontinua, la direzione e la concertazione di Jordi Bernàcer, che dirige l’Orchestra della Fondazione Arena con cura e precisione, non tralasciando mai l’attenzione ai cantanti. Forse qualche sonorità orchestrale più intensa non sarebbe guastata; coerenti i tempi in generale, particolarmente efficaci nell’alto momento di intensità drammatica della scena finale.
Ottimo e perfetto il Coro istruito da Vito Lombardi, sempre professionali e ben amalgamati hanno completato questa messa in scena.
Grandi applausi finali del pubblico decretano pieno successo per tutti.
Photo©ENNEVI
La recensione si riferisce alla recita del 29 aprile 2018.